sabato 23 ottobre 2010

Il cerino acceso si fermò al Quirinale

Le critiche, giuste o sbagliate a me non interessano, che il presidente Napolitano ha mosso verso la legge costituzionale del cd. Lodo Alfano e la conseguente richiesta di ritiro da parte del premier Berlusconi hanno, a mio modesto parere, dato inizio, almeno informalmente, alla fine anticipata della legislatura ed alle conseguenti elezioni in primavera.
Inutile nasconderlo o essere degli ipocriti, la costituzionalizzazione del Loldo Alfano era la conditio sine qua non per la prosecuzione dell'attuale legislatura e per la piena operatività del governo Berlusconi.
Eravamo convinti che un voto anticipato fosse una extrema ratio per questa legislatura, forte di una maggioranza numerica schiacciante pur in presenza di una legge elettorale non amata da tutti. Eravamo convinti, e lo siamo tuttora, che i mercati nostrani e stranieri non avrebbero capito come mai l'Italia rimpiombasse di nuovo in una crisi di governo dopo aver tenuto la barra, magari a scapito dello sviluppo, sulla tenuta dei conti pubblici.
Eravamo convinti che gli Italiani non potessero accettare di vedere ancora la rissa quotidiana e permenanente anche durante il 150esimo anniversario della Repubblica.
Ma se, invece di Mazzini abbiamo Fini, invece di Garibaldi abbiamo Bossi, invece di Mameli abbiamo Apicella, invece di un Gioberti abbiamo Casini, invece di un Cattaneo abbiamo Di Pietro, invece di un D'Azeglio abbiamo Bersani ed invece di Cavour abbiamo un Berlusconi dimezzato, e permetetemi la criptocitazione calviniana, allora forse è meglio riaprire le urne e vedere come pesano realmente le forze, vecchie e nuove, in campo.
Ovviamente spero in una resipiscenza della classe politica attuale, ma la speranza deve essere corroborata dalla ragione e dalla analisi dei fatti, altrimenti è utopia.
Tutti vogliono le elezioni, anche chi dice di non volerle, e tutti si stanno attrezzando per farle in primavera, accomunandole alle amministrative dove saranno in ballo amministrazioni locali importanti. Nessuno vuole rimanere con il cerino in mano.
Credo, ovviamente con la recondita speranza di essermi sbagliato, che il cerino lo abbia preso il presidente Napolitano che, a ben guardare, è l'unica carica che non rischia niente in caso di elezioni, e che rischia di non bruciarsi.

venerdì 22 ottobre 2010

Per favore adesso non prendiamocela con i soldi di Saviano

Faccio outing sono un fan di Roberto Saviano.
Confesso di nutrire un amore intellettuale verso l'autore di Gomorra, con una leggerissima punta di invidia, essendo un modesto scrittore anche io.
Ha successo, è bravo, ma paga questo successo con un certo abbassamento della sua qualità della vita.
Non deve essere stato facile scrivere Gomorra e non deve essere facile convivere con la paura, ma la scintilla della mia passione per lui è scattata quando ho, per caso, assistito alla puntata speciale di Che tempo fa dove lo scrittore campano raccontava e miscelava sapientemente Hikmet, i racconti della Kolyma e lo scempio urbanistico di Casal di Principe.
La passione per la scrittura e per i libri era palpabile ed era la vera cifra della narrazione, termine purtroppo abusato, civile di Saviano.
Mi rimane difficile,dunque, capire questa assurda polemica verso il (vero o presunto) compenso che Saviano percepirà per la trasmissione "Vieni via con me".
In moltissimi tuonano contro questi compensi monstre ad (alcuni) personaggi televisivi bollandoli come immorali ed assolutamente inopportuni.
Sono quasi sempre gli stessi che hanno tuonato e tuonano parole di fuoco contro gli ingaggi dei calciatori che minacciano lo sciopero, dandogli dei viziati, dei capricciosi, dei riccastri e degli ignoranti, magari con in tasca l'abbonamento in tribuna VIP e la tessera del tifoso.
Sono quasi sempre gli stessi che hanno tuonato e tuonano contro il velinismo, la società dell'apparire e la vacuità.
Ebbene se Saviano prende come un medio calciatore di Serie A, forse, c'è speranza di salvare questa società.
Magari la nostra è una pia illusione, ma sognare e sperare aiutano a vivere e cambiare il mondo.

giovedì 21 ottobre 2010

Semplificare, discutere, scegliere

Sinceramente le linee guida del rilancio del PdL non mi entusiasmano, ma bisogna anche dire che sono una vera e propria rivoluzione copernicana rispetto all'immobilismo ed alla inerzia che il partito ha mostrato in qui.
Non è il massimo che potevo aspettarmi, ma capisco che in politica soprattutto bisogna accontentarsi, e che tra il niente ed un compromesso è meglio quest'ultimo.
Certo, avrei preferito, insieme al sindaco Alemanno, un po' più di coraggio ed una iniezione più forte di democrazia interna.
E neanche vogliamo dare addosso a un ottimo commento di Simone che ha saputo incarnare, da ottimo commentatore, la delusione delle varie aspettative verso questo rilancio.
La cosa fondamentale è che finalmente è tramontata l'ora del 70/30, il granello di sabbia che inceppa tutto il meccanismo, gravato da dubbie duplicazioni di posti per i soliti (ig)noti e da pletoriche e assolutamente inutili assemblee.
Semplificazione delle cariche, apertura di spazi di discussione e certezza delle procedure di scelta, anche se in nuce sono queste i principi che, a forza, cercano di farsi strada nella nuova geometria del partito.
Potevamo aspettarcelo, il triumvirato dei coordinatori non ha mai brillato per capacità di rinnovamento.
Adesso che le nuove regole sono fatte, sta ai creativi saper ricavarne il massimo possibile. Questo deve essere il nostro compito, non fosse altro che per portare all'attenzione una nuova schiera di politici, anche solo come segretari comunali.
Ci stiamo accontentando delle briciole, forse, siamo degli inguaribili romantici, senza dubbio, ma se non lo fossimo il risultato sarebbe l'oblio, il silenzio ed il suicidio politico.
A me non pare proprio una bella cosa...

mercoledì 13 ottobre 2010

L'uomo nero dell'Italiano

Abbiamo ancora nelle orecchie le parole dell'onorevole Di Pietro nel dibattito sulla fiducia del 29 settembre scorso.
Quel "violentatore della democrazia" urlato con violenza contro il presidente Berlusconi.
Una molotov verbale degna di altri tempi e di altri periodi di cui, sinceramente, non avvertiamo la nostalgia e non auspichiamo il ritorno.
Ovviamente dissentiamo da queste parole e da questi toni, ma non ci indigniamo.
Da buoni conservatori, anche se liberali, però amiamo l'Italia ed il suo essere un paese di santi, navigatori e poeti.
E proprio perchè (anche) poeti ci urtica l'uso sconsiderato e sbarazzino che l'onorevole Di Pietro fa dell'idioma di Dante, Manzoni e Leopardi.
Quell'uso di una sintassi sincopata, quell'accoppiare verbi al plurale e sostantivi al singolare, quell'abuso della metafora in chiave offensiva, ma soprattutto il ricorrere abitualmente al neologismo.
Questo è il dialetto, mascherato da italiano, di Di Pietro, oramai famoso per l'intercalare dubitativamente retorico ( "che c'azzecca ?).
Se l'alternativa proposta da Di Pietro comprende anche questa, mi spiace a me proprio non piace.
Anzi, proprio per difendere l'Italiano, sostengo che Di Pietro è l'uomo nero dell'Italiano.
Non sono il tipo che accusa una persona di essere un violentatore o un utilizzatore finale.

Sospeso










Santoro è stato sospeso per 10 giorni..
... alla fine dei quali dovrà venire accompagnato dai genitori.

Il sogno e l'incubo















la domanda non è chi è, la domanda è PERCHE' ????

lunedì 11 ottobre 2010

Faccio outing: sono una zanzara dipendente...

Due sono i miei appuntamenti imperdibili con la radio: la mattina con la rassegna stampa di Radio Radicale ed il pomeriggio tardi con la Zanzara di Giuseppe Cruciani, su Radio 24.
Se, per qualche motivo li perdo, scarico i podcast e li ascolto il giorno dopo sul mio Ipod.
Confesso di essere una zanzara dipendente, una trasmissione creativa e che sta settando un nuovo standard qualitativo in quello che viene comunemente definito, con una parolaccia infotainment.
La Zanzara, condotta con magistrale sapienza e mestiere da un vero animale da radio, come Giuseppe Cruciani, è creativa, scanzonata, intelligente, pop, cinica e passionale.
Cruciani, insieme a Parenzo e Telese, dipinge, ogni sera, un affresco della realtà italiana multiforme, multicolore e polifonico. Un affresco, che non arriva mai ad una fine, teso, come è, a ritrarre una società italiana che si racconta ogni sera attraverso le telefonate dei telespettatori.
Uno specchio, urticante, deformante, corrosivo e cinicamente vero di quello che si vive e che si sente, senza imbellettamenti verbali e lifting di immagine.
Da una Zanzara così e' davvero uno spettacolo farsi pungere, ogni sera.

venerdì 1 ottobre 2010

Considerazioni (in)attuali in materia di blog in risposta ad un onorevole ascolano

Concedo che il titolo di questo post è fuorviante perchè potrebbe lasciare intendere un intervento astioso nei confronti di un ascolano, come me, mio avversario politico, in quanto esponente del PdL, ed ex alleato.
Ho sempre riconosciuto all'onorevole Ciccanti (UdC) una ferrea volonta nell'applicarsi alla politica anche se quasi mai ne ho condiviso i fini o i mezzi, ma, se fosse vera questa notizia, non posso esimermi da qualche considerazione, soprattutto da blogger, con una esperienza di oltre un decennio, e come uno dei fondatori di Tocqueville.
Lo faccio senza vis polemica, ma solo per cercare di far(gli) capire cosa sia, almeno secondo me, la peculiarità dell'essere un blogger.
Se oggi possiamo parlare di generazione Blog e/o di rivoluzione Blog, significa che questo medium comunicativo è stato ed è un punto di svolta epocale della nostra evoluzione sociale e tecnologica. I blog sono stati e sono il principale motore di quel WEB 2.0 di cui tutti parlano e su cui tutti hanno una teoria.
Senza i blog, oggi non avremmo nè Facebook e nemmeno Twitter, solo per fare i nomi dei social network più famosi.
Ho scritto in altre parti che la bogosfera è un immenso cervello collettivo, il quale non annacqua e non massifica le individualità, e che ogni post è una sinapsi di questa collettiva-mente.
Si apre un blog perchè si ha qualcosa da dire o perchè si vuole dire la propria opinione e non perchè si scrive o si vuole scrivere su un giornale. Certamente molti giornalisti hanno un blog, ma non tutti i blogger sono giornalisti.
I blog hanno permesso e permettono di farci ascoltare la voce di rivoluzionari o di dissidenti, ma anche di sapere cosa pensa la nostra vicina di casa.
E' questa sua flessibilità a rendere questo mezzo talmente affascinante ed usato.
Proprio perchè bloggare non è una attività riconducibile al "tradizionale" mestiere dell'operatore dell'informazione è sbagliato voler imporre le regole del codice penale, in materia di rettifica e di salvaguardia della privacy.
Invece con il voler imporre bavagli, sanzioni o una disciplina particolare ai blogger, che comunque sono sempre soggetti alla legge penale in materia di diffamazione o calunnia, a mio modesto avviso, è un modo sbagliato di affrontare il problema dell'informazione.
Perchè non prova, l'onorevole Ciccanti, a rovesciare i termini del discorso e proporre una legge che liberalizzi il mondo dell'informazione abolendo, in nome di una antica battaglia liberale, l'ordine dei giornalisti ?
Perchè piuttosto che voler rendere i blogger analoghi ai tradizionali operatori dell'informazione, non rende i tradizionali operatori dell'informazione analoghi ai blogger ?
Non sarebbe una cattiva idea.

Mai tollerare l'intolleranza

Non saprei se comincia a tirare una brutta aria, ma certamente il clima non è dei migliori. Dopo il tentativo di silenziare il presidente Schifani ed il lancio del fumogeno a Bonanni alla festa del PD a Torino, ieri sera c'è stato il tentativo di attentato a mano armata contro Maurizio Belpietro, direttore di Libero, cui esprimiamo tutta la nostra solidarietà.
Il ricorso alla violenza non deve essere ammesso, da qualunque parte accada e verso chiunque sia rivolto. Fa specie vedere come si tenti, da parte di qualcuno, di ricreare un clima di odio, di violenza e di intolleranza.
Non vorremmo che stiano per tornare i tempi dei cattivi maestri.
Una democrazia come la nostra non può e non deve accettare il ritorno di pericolose involuzioni, un paese libero e civile come l'Italia non merita questo clima di odio e di guerra civile (a bassa intensità?) e neanche la categoria infame dei mestatori d'odio in servizio permanente effettivo. 
Oramai non servono a niente gli appelli alla calma e quelli relativi ad abbassare i toni, qui serve una presa di coscienza chiara ed una risposta forte, decisa ed unita: mai tollerare l'intolleranza.