venerdì 31 dicembre 2010

FinisTerrae Uomo dell'anno 2010

La nostra scelta per l'uomo dell'anno 2010 è Josè Mourinho.
Non siamo tifosi interisti e neanche del Real Madrid, ma bisogna riconoscere le sue indubbie capacità di leader carismatico.
Lo special one ha saputo prendere un branco di buoni giocatori e renderlo un gruppo invincibile, ha saputo trasformare un ambiente rassegnato alla sconfitta in una palestra di vittoria e ha saputo chiedere dei sacrifici da gregario a campioni affermati tutto in nome del supremo valore della vittoria.
E' senza dubbio lui, il vero artefice della Triplete.
Magari non sarà un fine tattico o uno stratega del campo verde, ma il codice Mourinho dovrebbe essere studiato ed applicato non solo allo sport.

p.s.: da tifoso dell'Ascoli, con simpatie juventine, pensate a quanto mi è costato scrivere questo post.

FinisTerrae Donna dell'anno 2010

La sola notizia della sua liberazione è già una grande notizia. Il coraggio di Aung San Suu Kyi è un faro che illumina, dal tetro regime totalitario birmano, i cuori di tutti coloro che si battono per ottenere o per preservare la libertà.
Con queste poche parole noi onoriamo il suo esempio e la sua forza, e grazie a lei rendiamo omaggio a tutte quelle donne che soffrono le ingiustizie per salvare la loro dignità e quella del mondo intero.

FinisTerrae Libro dell'anno 2010

I Conformisti di Pierluigi Battista è un libro che è pura dinamite, in un mondo, come quello dei (para)intellettuali italiani.
Un libro che, una prosa elegante ed asciutta, indica la nudità dei re di una cultura nazionale che, come un pendolo schopenaueriano, oscilla tra il pop ed il trash.
Una opera dagli echi nicciani che ricorda Raymond.

FinisTerrae Disco dell'anno 2010



Per quel che riguarda il disco dell'anno non abbiamo saputo decidere per cui, salomonicamente, assegniamo un ex aequo a due album:

 Arcade Fire, "The Suburbs" Mumford & Sons, "Sigh No More" 


Gli Arcade Fire sono stabilmente dentro la mia playlist dell'Ipod fin dai tempi di Neon Bible, ma con questo album hanno decisamente virato verso l'Olimpo. Con questa opera hanno saputo togliere qualche peso di troppo dalla loro musica senza perdere verve, intelligenza e prospettiva.


Diverso discorso per i Mumford & Sons che con il loro sound pop folk spruzzato quanto basta di rock hanno esordito alla grande, rinvigorendo un po' una ondata britannica che mostrava un pizzico di stanchezza.

sabato 18 dicembre 2010

I tre dell'operazione Terzo Polo

In altre occasioni la nascita di un altro polo, nel nostro sistema politica, sarebbe stato da me accolto molto positivamente, ma quello che vogliono fare Casini, Fini, Rutelli ed altri comprimari non mi trova d'accordo.
Magari sarò in errore, e non lo escludo.
Magari questo polo della Nazione è proprio la risposta ai problemi che attanagliano la nostra Italia.
Lo scopriremo solo vivendo, come canta Battisti in una sua celebre canzone.
Il Polo della Nazione, per inciso spero che gli trovino presto un nome un po' più accattivante, nasce in seguito ad una cocente sconfitta parlamentare. E' inutile girarci intorno.
Certamente il 14 dicembre Berlusconi non ha vinto la guerra, ma ha segnato un notevole punto a suo favore. Segno che il fascino del Cavaliere è abbastanza integro, e sappiamo per esperienza che ciò non è poca cosa.
Ma quello che l'operazione Terzo polo non riesce a convincermi è il fatto che la ragione stessa di questo schieramento rischia di minare il massimo risultato politico e di sistema istituzionale che il berlusconismo ha saputo guadagnare e guadagnarsi: il bipolarismo e l'alternanza.
Non è poca cosa, visto che molti paesi lo hanno conquistato mediante sanguinose rivoluzioni o guerre civili.
Silvio Berlusconi, volenti o nolenti, è stato un fantastico catalizzatore della costruzione istituzionale italiano, ed il fattore di dinamismo del sistema politico e partitico italiano.
Quello che ancora non riesce a portare a compimento è l'adeguamento delle regole formali della Costituzione alla prassi quotidiana della vita istituzionale italiana. Una volta che ci sarà riuscito, finalmente potremmo dire addio a questo lungo periodo di transizione.
Una transizione da cui non si esce minando l'unico fattore di novità politica, come ha cercato di fare il polo della Nazione provando a disarcionare il Presidente del Consiglio in carica.
Questo antiberlusconismo, infatti, è un altro punto debole che rischia di incrinare le fondamenta del patto del trio centrista.
Un antiberlusconismo di destra che sembra trionfare all'interno di Futuro e Libertà. La formazione finiana, infatti,è quella che più di tutte rischia di caratterizzarsi come una macchietta dell'Italia dei Valori, all'interno di una ampia collocazione di centrodestra o presunto tale.
Un antiberlusconismo (di centrodestra) che respinge piuttosto che attrarre e che fa il paio con la destra della bava alla bocca che tutti i finiani schifano.
Questa è la colpa maggiore del terzo polo sono essenzialmente queste.
Quella di non aver saputo elaborare una valida proposta che fosse con Berlusconi, senza essere né sotto e né contro.
Una proposta che fosse migliorativa del berlusconismo, ma non contraria o alternativa.
Essere alternativi ai due poli, è oggi una posizione esiziale perchè condanna, nel medio e lungo periodo, alla inutilità politica.
E l'inutilità politica è molto peggio che perdere per tre voti.

giovedì 16 dicembre 2010

Sconsy (De Gregorio)

Comincio ad aver nostalgia delle Frattocchie e delle Case del Popolo. E non scherzo.
Non parliamo poi della tristezza che mi attanaglia ogni volta che guardo i film di Peppone e Don Camillo.
Vorrei ritornare un liceale solo per scontrarmi ancora con i miei compagni, in tutti i sensi, di classe e di istituto.
Vi prego, qualcuno alzi un pugno chiuso e canti Contessa oppure l'Internazionale.
Non è più possibile, e tollerabile, leggere post come quello che ha scritto il direttore, di qualcosa che somiglia a l'Unità, Concita De Gregorio, dal titolo emblematico: Un paese sconfitto.
A leggerlo tutto, dopo la disperazione, si capisce il perchè "questi non vinceranno mai", come profetizzò Moretti qualche tempo fa.
Da dove vogliamo cominciare ?
Anzitutto mi verrebbe da dire a quale titolo scrive a nome del Paese. E di quale paese poi.
L'Italia è una società complessa ed ancora più complesso è fotografare un paese, come il nostro, sotto il profilo politico. Troppo profonde e troppo articolate sono le linee di frattura sia ideologiche che prepolitiche e metapolitiche.
La politica oggi è trattata oggi come se fosse un "(a)social network" dove esiste un solo tasto "Non mi piace" ed, a seconda se si clicca o meno, si decide, ma spesso gli altri decidono per te, da che parte si sta.
Ma il gradimento al contrario non è mai stata una categoria della politica. Esiste la passione, la militanza, il ragionamento, il consenso, il ragionamento, il dialogo, la dialettica ed anche il confronto.
Mai il "non mi piace"
Anche il binomio classico tra destra e sinistra è oggi quanto mai usurato ed alquanto cangiante, poichè tutto quello che sostiene, dice e fa Berlusconi è destra, il resto è sinistra, accettata acriticamente ed aprioristicamente.
Ovviamente, poi, il paese, che ancora vede un Governo, costituzionalmente legittimo, ancora in carica dopo una democratica votazione parlamentare, non può che avere una connotazione negativa, ed, infatti, è sconfitto.
Perfetta scolaretta della lezione, invero un po' datata, di Eco, il direttore decide, anche legittimamente, di schierarsi dalla parte degli apocalittici (profeti di sventura) contro gli integrati (berlusconiani).
Ma i fuochi (fatui) dell'artificio retorico non si fermano qui, ma continuano innescando subito la saldatura della valenza negativa della sconfitta alle immagini dei leghisti avvolti nel tricolore e della indegna guerriglia urbana, scatenatasi a Roma l'altro ieri.
Anzitutto ci sarebbe solo da essere contenti del fatto che i leghisti si avvolgano nel tricolore, visto che, quando erano "una costola della sinistra", lo volevano buttare nel cesso.
Ma il climax lo si raggiunge subito dopo.
Il governo ottiene la maggioranza alla Camera per tre voti - 311 a 314 - e da qualunque parte la si guardi, la giornata campale di ieri, da qualunque fotogramma si decida di partire è una giornata cupa, grottesca, ridicola, misera, a tratti tragica: in strada tragica. È la giornata della sconfitta: la giornata che segna la sconfitta della politica intesa come confronto di idee e di progetti, l’unico modo lecito di intenderla, la sconfitta di un paese che esibisce al mondo intero come successo la tenuta di un governo che compra col denaro e col ricatto i parlamentari che gli servono e una piazza che dice che la sfiducia è nelle strade, che siamo a un passo dall’irreparabile, che basterebbe niente, ma proprio niente, per trasformare la guerriglia urbana in guerra civile e a poco varrebbe dopo cercare i colpevoli."
Un capolavoro di affabulazione del vuoto ideologico, una pietra miliare della piagnoneria radical chic, un picco della narrazione solpsista e stantia di una certa sinistra nouvelle vague, una pole position di un savonarolismo auto assolutorio ed auto consolatorio di uno schieramento ripiegato su sé stesso e pronto ad implodere.
Il segno linguistico ed ideale di una sinistra inabile ad una qualunque azione politica, nonostante un appannamento del Governo, incapace di intercettare un minimo di nuovo consenso sociale e che non riesce a fare i conti con il suo ingombrante passato che le impedisce di entrare nel futuro e la relega sia ad una battaglia  conservatrice sull'esistente sia al servilismo di effimeri fenomeni, come Fini, accettati ed osannati acriticamente.
Una sinistra spettatrice non protagonista e paranoica che vede complotti ed infiltrati dappertutto, che ha scelto l'indignazione come surrogato dell'azione che di civile aspetta solo la guerra.
Per questa sinistra ci saranno sempre uno Scilipoti ed un Razzi pronti a tagliarle le gambe, perchè sono solo questi i personaggi che riesce a raccattare nelle sue liste elettorali o nominali.
Una sinistra, nostalgica del 68, che, sfasciando il sistema d'istruzione, con una infornata di docenti frutti del sei politico ha permesso la nascita del Cepu, contro cui è inutile scagliarsi contro adesso.
Chi ha più soldi e più potere vince, è questa l’unica regola. Chi ha più soldi, chi può pagare di più e minacciare più forte, chi è più persuasivo. Non è più una questione di idee, la politica non c’entra:...
Parole dure, ma pronunciate da chi è erede di un partito che prendeva soldi dal patto di Varsavia, da chi è stipendiato da Soru, il patron di Tiscali, da chi ha come riferimento De Benedetti ed il figlio di Colaninno come deputato, da chi ha sostenuto chi ha imposto Calearo come capolista, da chi ha sognato la Moratti (Bepi) sindaco di Milano contro Albertini, da chi stava con chi chiedeva al telefono: "Allora, abbiamo una banca ?", per finire da chi ha un tesoriere di partito che, di fronte ad un emendamento che voleva togliere alcuni euro al rimborso elettorale per i partiti per darli ai ricercatori universitari, ha bollato tale proposta come volgare, suonano quantomeno fuori luogo, se non proprio di cattivo gusto.
...non è un Italia in cui continuare a vivere, o per chi lo preferisca tirare a campare, sereni. Non si tira a campare così.
Finisce così l'intervento del direttore De Gregorio.
Così come finiscono di solito gli appelli di Camilleri ed Eco sotto campagna elettorale.
Noi speriamo che questa sinistra, di cui la direttrice Concita, si è fatta cantore, assecondi questa sua volontà.
Sappiamo benissimo che in Italia non sono tutte rose e fiori, ma almeno rimarremo a cercare di migliorare le cose.
Noi questo paese lo amiamo davvero e vogliamo che vinca.
Tutto intero...

martedì 14 dicembre 2010

Non è riuscito l'All In di Fini

314 a 311, i numeri sono numeri e danno l'esatta fotografia di una vittoria di Silvio Berlusconi nello scontro con Fini.
I modi non contano, perchè la fiducia di oggi non sarebbe mai servita per continuare a governare, visto che oramai si andrà al voto al massimo ad Aprile.
Ottenere la fiducia serviva solo per vedere se Berlusconi era ancora capace di dettare i tempi e i modi della politica italiana. Ebbene il presidente del Consiglio ha fatto quello che sa fare meglio: uscire dall'angolo e piazzare un colpo mortifero.
Eppure dopo 16 anni, alcuni avrebbero dovuto saperlo e prevederlo.
Per ironia della sorte a salvare il Premier sono stati tre esponenti di Futuro e Libertà per l'Italia: Moffa, Siliquini e Polidori.
Come nel Texas Hold'em, Gianfranco Fini ha giocato il suo All In ed ha perso, a causa di coloro che avrebbero dovuto aiutarlo.
Qui non abbiamo mai chiesto le sue dimissioni, ma crediamo, poichè in politica la forma è anche sostanza, che questo atto sia un atto dovuto.
Quale credibilità politica, nella costruzione di questo terzo polo, avrebbe un presidente di un partito che non riesce ad imporre, in un passaggio parlamentare fondamentale, la propria disciplina ai suoi parlamentari ?
Ovviamente, insieme a Fini, e per gli stessi motivi politici (e partitici) dovrebbe dare le dimissioni da capogruppo anche Italo Bocchino.
Con questi numeri, e siamo convinti che lo sappia anche il Cavaliere, la vittora politica non equivale alla governabilità, ma non era questo lo scopo di questa votazione.
Da domani si prospettano tempi duri per il Governo in Parlamento, soprattutto alla Camera, ma tranne la riforma della Università ed il solito milleproroghe crediamo che non ci saranno altre leggi importanti e, forse, nessuna altra questione di fiducia.
Dopo di oggi, ne abbiamo avuto abbastanza.

lunedì 13 dicembre 2010

Troppo tardi, troppi tordi

Non mi sono mai appassionato alle classificazioni ornitologiche, anzi, da politicamente scorretto, spesso uso il termine uccello allusivamente per indicare il membro maschile, ma spero che chi mi legge voglia usarmi un po' di comprensione e di tolleranza nei riguardi del titolo di questo post.
Oramai è tardi e domani, comunque andranno le cose, si andrà a votare forse già a marzo prossimo.
Possiamo solo dire che le colombe si sono alzate in volo troppo tardi ed i falchi hanno volato troppo a lungo.
Spiace che il centrodestra, questo centrodestra che pensavo fosse stato costruito faticosamente con la nascita del Popolo della Libertà si sia, quasi irrimediabilmente, sciolto per ragioni interne.
Forse dirò una cosa insensata e che può suonare quasi eresia, ma più che una lotta tra Berlusconi e Fini, a me è sembrata più una lotta tra fazioni in lotta che hanno saputo ingabbiare i leader, rendendoli sordi alle ragioni della diplomazia e della ragionevolezza.
Ma oramai è tardi ed è bene che ci sia il redde rationem.
Da parte mia non posso che schierarmi ancora con il Popolo della Libertà.
Ho speso gli ultimi decenni della mia avventura politica predicando, qualche volta da solo, sulla grande opportunità che un partito unitario del centrodestra poteva rappresentare ed oggi, di fronte al suo sgretolamento parlamentare, mi sento ancora più convinto delle ragioni della unità e di quello spirito del 1994 che è stato fonte di grandi speranze e di grandi aspettative.
Qualcuno potrà ritenermi un illuso, un servo di Berlusconi, un minorato mentale ed un ascaro che ha portato il cervello all'ammasso.
A priori non lo escludo, ma sono talmente innamorato della utopia del partito liberale di massa che mi sento di combattere tutte le storture che, indubitabilmente, ci sono all'interno del PdL continuando a starci insieme piuttosto che contro.
Oggi sono più che mai convinto che sia possibile contribuire alla creazione di una nuova classe dirigente dentro il PdL avendo conosciuto l'entusiasmo, la ragione e la passione di tanti ragazzi e ragazze che volontariamente si sono avvicinate al berlusconismo e che, in tutta onestà, non me la sento di lasciare in balia dello sterile muscolarisimo alla Santanchè.
Per me il nocciolo duro del berlusconismo sono le genialità economiche di Tremonti, la visione strategica di Brunetta, la lucidità intellettuale di Quagliariello, la logica serrata di Pera, la rigorosa abnegazione di Sacconi, la passione focosa di Miccichè, il radicamento identitario di Alemanno e la cristallina trasparenza del liberalismo di Martino.
In nome di queste idealità ho deciso di restare dove sono, anche se col cuore a pezzi.
Da domani ci sarà un bisogno mostruoso di pontieri, non più di falchi e colombe.
Oggi purtroppo è troppo tardi a causa dei troppi tordi.

domenica 12 dicembre 2010

Sbagliano anche su questo...

Non vorrei che i sinistri italiani si sbaglino anche sulle date ed abbiano confuso il 14 dicembre 2010 con il 21 dicembre 2012.
Qualcuno li avverta, altrimenti avremmo un aumento di suicidi.
Per lo meno si autoconsoleranno con il mantra di essere sempre in anticipo sulla storia.

mercoledì 8 dicembre 2010

Il vero problema sarà il 15

Che il 14 dicembre prossimo, Berlusconi ottenga o meno la fiducia è un problema relativo. Il vero scoglio sarà cosa succederà dal 15 in poi.
Un governo con una fiducia risicata, dopo aver ottenuto la maggioranza elettorale più grande dal dopoguerra, sarà oggetto di continue imboscate parlamentari e continui ricatti da parte di gruppetti marginali, ma decisi ai fini della tenuta.
Un Berlusconi sfiduciato sarebbe una iattura sia per il contraccolpo sui mercati internazionali, volenti o nolenti il consenso personale del Premier è stato un fattore di stabilità in questi ultimi decenni, sia per i risvolti interni che potrebbe innescare un risultato di questo tipo.
Se il Cavaliere venisse sfiduciato da tutte e due le Camere, una sola cosa è certa. Non potrebber ottenere il reincarico.
Se, sfiduciato Berlusconi, si andasse alle elezioni anticipate, come crediamo, ci aspetta la più truculenta, brutta, e sanguinosa campagna elettorale di sempre, con le indubbie ripercussioni che gli echi potrebbero avere su un tessuto civile e sociale già sbrindellato.
Se il Presidente Napolitano, costituzionalmente legittimato, dovrebbe dare un mandato esplorativo ad una nuova personalità, allora gli scenari sarebbero molteplici.
Se il nuovo incaricato fosse un autorevole esponente del PdL, Letta o Tremonti, potrebbe accadere che, almeno formalmente, la volontà degli elettori sarebbe stata salvata, poichè potrebbe mettere insieme una maggioranza allargata al terzo polo, ma con il nocciolo duro di PdL e Lega.
Se l'incarico venisse affidato ad una personalità esterna non gradita al PdL ed alla Lega e questi riuscisse a mettere insieme una maggioranza, con PdL e Lega all'opposizione, allora le cose potrebbero incancrenirsi ed intorpidirsi.
Alla lettera della Costituzione formale, infatti, si contrapporebbe lo spirito di una Costituzione materiale che tutti gli attori politici oggi operanti hanno implicitamente avallato con il loro comportamento nel corso di questi anni, ed il presidente Napolitano non potrebbe non tener conto di questo fatto.
Cosa fare allora ?
Sinceramente fare previsioni oggi è quantomeno difficile a meno di non chiamarsi Nostradamus.
Tutti allora guardano a Berlusconi, l'unico capace di poter tirare fuori il classico cilindro dal cappello.
Noi possiamo solo dire quello che faremmo noi in una situazione del genere.
Ebbene il 13 pomeriggio convocherei una conferenza stampa per annunciare la mia disponibilità a dimettermi dall'incarico di Presidente del Consiglio a patto che si dimetta anche il presidente della Camera, (simul stabunt, simul cadent) e darei la mia disponibilità a fare il passo indietro dal Governo all'esclusivo patto che venga approvata una legge costituzionale che istituisca una nuova assemblea costituente di massimo 100 membri, eletta con il proporzionale puro su un unico collegio nazionale con le preferenze.
Ovviamente con la clausola che la sua durata deve essere di massimo 3 anni e che i membri di questa assemblea non possono ricoprire nessun incarico politico elettivo o di governo a qualunque livello.
Detto questo aspetterei cosa succede e poi mi regolerei di conseguenza.
A quel punto tutti dovrebbero scoprire le carte e si vedrebbe chi ha il punto migliore.

domenica 5 dicembre 2010

Dall'Università al posto in banca, solo andata

Si nasce incendiari e si muore pompieri.
Forse questo è il miglior commento (popolare) alla manifestazione di protesta degli studenti contro la riforma dell'università del ministro Gelmini.
Diciamocelo francamente e senza ipocrisie, il ribellismo giovanile, la protesta degli studenti, i cortei, le occupazioni e gli scioperi trovano nell'immaginario collettivo un terreno fertile perchè riportano alla memoria di tutti quel periodo scolastico che, nei nostri ricordi, è sempre rivissuto con un certo rimpianto e con una certa nostalgia.
E' come se, empatizzando con questi ragazzi, si tornasse ragazzi anche noi, a quel periodo in cui si poteva sognare di rivoluzionare e cambiare il mondo.
"Eravamo quattro amici al bar che volevano cambiare il mondo". Così cantava, nostalgicamente, Gino Paoli, salvo poi concludere amaramente, alla fine, che era rimasto solo lui a sognare visto che gli altri avevano trovato un lavoro in banca o una ragazza.
"Compagno di scuola, compagno di niente. Ti sei salvato o sei entrato in banca pure tu?". L'autore di queste parole (e della musica) è, invece, Antonello Venditti, il quale non si è voluto far mancare una comparsata sul tetto (che scotta) della facoltà di Architettura di Roma.
Queste due citazioni sono emblematiche di un clima diffuso che si respira attorno all laurea, il famoso pezzo di carta, il cui fine dovrebbe essere quello di un posto impiegatizio, cimitero degli elefanti della creatività, della ribellione dei giovani.
Sui giornali, per primi quelli contro il governo, è stato tutto un rifiorire di elegie, un florilegio di complimenti e uno sperticato elogio di queste proteste.
Ovviamente non ci siamo fatti mancare neanche il consueto e consunto paragone con il '68.
Rimando che è, praticamente, un riflesso condizionato di una certa sinistra, incapace, parolaia, perdente, rassegnata e votata alla conservazione che immagina e proietta i suoi desiderata su quei cortei, sperando che gli studenti riescano, inaspettatamente, a fare quello che loro non sono stati capaci di fare in quasi 20 anni: cacciare e battere Berlusconi.
Fortunatamente qualche voce fuori dal coro c'è stata, come quella di Franceso Giavazzi sul Corriere, che ha ricordato quello che, purtroppo, facciamo finta di non capire: l'Università italiana è profondamente malata ed incapace di rialzarsi.
Baronismo, conservazione, esclusione del merito, burocratismo, immobilismo culturale sono queste le malattie che si sono metastizzate in quella che noi chiamiamo Università e, non è un caso, se alla protesta dei ragazzi si sia unita anche quella dei baroni e degli aspiranti tali.
Uniti nella conservazione e nella propagazione delle metastasi culturali, è questa la saldatura ideologica alla base di questa (ennesima) onda.
La riforma Gelimini non è la riforma perfetta, ci mancherebbe. E' la riforma timida e timorosa che è possibile fare oggi nelle note condizioni politiche. Ma almeno servirà a scardinare qualche meccanismo di resistenza conservatrice e qualche feudo baronale. Forse è una riforma omeopatica in un corpaccione che ha bisogno di una cura medica da cavallo, ma almeno non è il solito pannicello caldo.
Noi la pensiamo esattamente come Luigi Einaudi, grande liberale, che nel 1947 scrisse:
"
Finché non sarà tolto qualsiasi valore legale ai certificati rilasciati da ogni ordine di scuole, dalle elementari alle universitarie, noi non avremo mai libertà di insegnamento; avremo insegnanti occupati a ficcare nella testa degli scolari il massimo numero di quelle nozioni sulle quali potrà cadere l’interrogazione al momento degli esami di stato. Nozioni e non idee; appiccicature mnemoniche e non eccitamenti alla curiosità scientifica ed alla formazione morale dell'individuo.
Sono vissuto per quasi mezzo secolo nella scuola; ed ho imparato che quei pezzi di carta che si chiamano diplomi di laurea, certificati di licenza valgono meno della carta su cui sono scritti. Per alcuni - vogliamo giungere al 10 per cento dei portatori di diplomi? – il giovane vale assai di più di quel che sta scritto sui pezzo di carta od, almeno, del pregio che l'opinione pubblica vi attribuisce; ma « legalmente » l'un pezzo di carta è simile ad ogni altro e la loro contemplazione non giova a chi deve fare una scelta tra coloro che offrono se stessi agli impieghi ed alle professioni. (Luigi Einaudi - Sul monopolio culturale della scuola di stato )

La vera riforma per noi è questa: l'abolizione del valore legale del titolo di studio.
La vera riforma che consentirà non solo il viaggio dall'Università al posto in banca solo andata, ma anche il ritorno.

domenica 21 novembre 2010

Una lezione di dignità e di educazione

Questo clima da caccia all'untore, questo clima da regime comunista con tanto di stasi all'interno del PdL e della maggioranza di governo non è più tollerabile !!!
Adesso che il ministro Mara Carfagna ha pubblicamente reso nota la sua volontà di dimettersi dal partito, dal parlamento e dal governo, non si può più rimanere solo silenti  di fronte alla corsa alla dissoluzione che il centrodestra italiano sembra aver irrimediabilmente preso.
Siamo convinti, e lo ribadiamo pubblicamente, che l'iperattivismo e l'iperesposizione mediatica di personaggi come la Santanchè e la Mussolini sia il peggior biglietto da visita del Popolo di Silvio Berlusconi.
Più che portatrici di voti sembrano delle Valchirie che accompagnano i morti nel Valhalla. Costoro non sono le sacerdotesse di Berlusconi, ma le Parche della destra in Italia.
La loro concezione politica rozza, muscolare e manichea rappresentano un ostacolo alla risoluzione dei problemi che attanagliano la maggioranza di governo e soprattutto il Popolo della Libertà, come giustamente commenta il direttore Mario Sechi.
Non crediamo che il ministro Carfagna possa tornare indietro, ma qui vogliamo pubblicamente elogiare la sua educazione, il suo savoir faire, il suo acume politico e, soprattutto, la sua dignità.
La destra cafonal, dai tacchi a spillo e con la bava alla bocca, della Santanchè e della Mussolini non ci appartiene e, per noi, non è neppure destra.
E' come quella stanza che, di solito, è in fondo e poi a destra.
Su questo ci sentiamo di essere completamente d'accordo con questo post di adestra.

martedì 16 novembre 2010

Non credo di essere eretico...

Non credo di essere eretico se dico di non aver paura della nuova destra di Futuro e Libertà.
Ho sempre considerato la concorrenza come una forza innovatrice e apportatrice di miglioramento, figuriamoci se adesso mi trasformo in un protezionista.

Non credo di essere eretico se non considero i tanti amici, anche personali, che hanno scelto Futuro e Libertà, non come camerati che sbagliano , ma ancora come amici.

Non credo di essere eretico se considero il Popolo della Libertà ancora un posto dove militare e dove criticare se necessario.

Non credo di essere eretico se dico che è meglio andare subito al voto sia alla Camera che al Senato.

Non credo di essere eretico se a me non piace affatto la Santanchè.
Ho sempre militato con il centrodestra fin dal 1994, senza mai tradirlo una volta e rinnovando le tessere di Forza Italia, prima, e di Alleanza Nazionale poi. Per questo trovo davvero insopportabile che una come questa signora faccia la guardiana muscolare dell'ortodossia berlusconiana.

Non credo di essere eretico se voglio che Martino e Pera abbiamo, di nuovo, un ruolo importante nel centrodestra italiano.

Non credo di essere eretico se affermo che, se tutti i ministri avessero usato il metodo Brunetta, oggi non si parlerebbe di crisi, ma di rinascita italiana.

Non credo di essere eretico se la Libertà, per me, vale molto più della militanza.

Non credo di essere eretico se dico che, forse, se qualcuno avesse ascoltato più Ferrara e Letta, oggi non subiremmo una scissione dolorosa e litigiosa.

Non credo di essere eretico se, per me, il mio credo religioso sia un fatto privato.
Certamente importante, ma non vedo la necessità di ostentarlo.

Non credo di essere eretico se considero Socrate, Buddha e Gesù dei fari illuminati per tutta l'umanità.

Non credo di essere eretico se a me piace Saviano, ma anche Coelho ed Emerson.

Non credo di essere eretico, se mi piacciono gli USA ed Israele.

Non credo di essere eretico se considero il nazismo-fascismo ed il comunismo, il male assoluto.

Non credo di essere eretico se sono un liberale.

Non credo di essere eretico se continuo a leggere il Secolo, ma non solo.

Non credo di essere eretico...

Ma se lo fossi, non posso cambiare.   

La nostra destra

 
La destra crede in una cosa sopra tutte le altre: la Libertà.

La destra vuole meno tasse. E vuole meno stato.

La destra crede negli italiani, e per questo rispetta la volontà che hanno espresso alle elezioni politiche.

La destra crede che lo stato, come il Governo, siano troppo spesso un  problema. Non la soluzione dei problemi.

Per questo la destra vuole più mercato e sa bene che, anche in italiano, le parole "sono del governo e sono qui per aiutarla" suonano molto male.

La destra ritiene meritevoli di apprezzamento tutti i cittadini che fanno impresa, non solo quelli che danno da lavorare agli immigrati onesti.

La destra è orgogliosa delle proprie missioni in Kosovo, Afghanistan e Iraq perché è convinta di essere stata e di essere, come molte altre volte è accaduto, dalla parte giusta della storia. Non si vergogna di dirlo, e per questo lo ribadisce con forza. E cita tutte queste missioni di pace, non una soltanto.

La destra ricorda Falcone e Borsellino come due eroi e ricorda con altrettanta chiarezza quelli che stavano contro Falcone e Borsellino.

La destra crede che siano per se stesse evidenti queste verità: che tutti gli uomini sono creati eguali; che essi sono dal Creatore dotati di certi inalienabili diritti, che tra questi diritti ci sono la Vita, la Libertà, e il perseguimento della Felicità.
(crossposted @the right nation @freedomland @avevounblogfigo @common sense revenge @la rivolta di Atlante )

domenica 14 novembre 2010

Ironia della sorte

Domani calerà il sipario su questa legislatura.
Vorremo essere ottimisti come il presidente Berlusconi, ma crediamo che il presidente Napolitano non accetterà mai di sciogliere solo la Camera dei deputati, magari appellandosi al precedente dello scorso Governo Prodi.
Vorremmo fare notare, però, l'ironia della sorte: 16 anni fa fu Berlusconi a dare la stura all'attuale centrodestra facendo un pubblico endorsement a favore di Fini contro Rutelli che si davano battaglia per la poltrona di sindaco a Roma.
Domani sarà Fini, insieme a Rutelli (e Casini), a dare il benservito a Berlusconi.
Concediamoci un piccolo sorriso, prima della nuova, ed ennesima, campagna elettorale in questo eterno ritorno di tutte le transizioni (italiane).

martedì 9 novembre 2010

Abbatta quel muro


"Abbatta quel muro, Gorbaciov !"
disse quell'americano.

"Abbatta quel muro, Gorbaciov !"
Noi lo sentivamo dalle finestre che
il regime volle tenere chiuse.

Ma il mio cuore
non poteva essere chiuso
dal cemento,
i miei pensieri
non potevano essere
trattenuti dalle armi.

Quella sera
trattenemmo il respiro,
prima dell'urlo liberatorio.

Finalmente Berlino era di nuovo una.

Le mie lacrime cadevano
come cadevano le pietre del muro.

Avevamo abbattuto quel muro.

Nessuno avrebbe più rinchiuso il mio cuore,
nessuno avrebbe più sequestrato i miei pensieri.

Poi venne la musica,
la musica
di quel signore in nero
seduto su una sedia
in mezzo alla strada
e in mezzo alla gente.

Questa poesia è dedicata a chi è stato testimone della caduta del muro di Berlino.
Con la speranza che anche gli altri muri che imprigionano le persone cadano presto...

domenica 7 novembre 2010

Il debutto dell'oltreberlusconismo

Con il discorso di chiusura di Fini alla convention umbra di Generazione Italia fa il suo spettacolare, pirotecnico e roboante debutto la nuova categoria dell'oltreberlusconismo.
Una nuova categoria politica che dai più verrà considerata come antiberlusconismo di destra, ma che non può solo esaurirsi in una tale manifestazione.
Anzitutto bisogna dire che per delineare completamente la fisionomia e la fenomenologia di questo nuovo pattern sarà necessario attendere un po' di tempo.
L'antiberlusconismo è certamente presente, ma non assume le caratteristiche di odio di una certa "sinistra" alla Di Pietro e/o alla Grillo. Piuttosto è una delusione, di quelle delusione che ti prende quando finisce un grande amore, perchè il popolo di Futuro e Libertà ha amato Silvio Berlusconi, questo è indubbio.
Oggi questa delusione potrebbe essere una arma a doppio taglio per Fini e per i finiani tutti.
Se questa delusione dovesse sfociare in un rifiuto cieco e sordo a qualunque ragionamento politico, Fututo e libertà rischia di essere non un partito nuovo, ma l'ennesimo nuovo partito.
Se la delusione servisse a mettere in campo una azione politica che, oltre a salvare quel che di buono il berlusconismo ha introdotto nel sistema istituzionale, superi quel blocco culturale che il nome di Berlusconi suscita in una parte del Paese, arrivando alla fine della transizione italiana oramai stantia, allora la scommessa di Fini potrebbe essere quella accelerazione che l'Italia va cercando da tanto, troppo tempo.
Da parte mia non sono ancora in grado di poter dare una risposta chiara, quello che davvero è possibile dire è che oggi ha debuttato l'oltreberlusconismo.
Il resto lo scopriremo solo vivendo...

sabato 23 ottobre 2010

Il cerino acceso si fermò al Quirinale

Le critiche, giuste o sbagliate a me non interessano, che il presidente Napolitano ha mosso verso la legge costituzionale del cd. Lodo Alfano e la conseguente richiesta di ritiro da parte del premier Berlusconi hanno, a mio modesto parere, dato inizio, almeno informalmente, alla fine anticipata della legislatura ed alle conseguenti elezioni in primavera.
Inutile nasconderlo o essere degli ipocriti, la costituzionalizzazione del Loldo Alfano era la conditio sine qua non per la prosecuzione dell'attuale legislatura e per la piena operatività del governo Berlusconi.
Eravamo convinti che un voto anticipato fosse una extrema ratio per questa legislatura, forte di una maggioranza numerica schiacciante pur in presenza di una legge elettorale non amata da tutti. Eravamo convinti, e lo siamo tuttora, che i mercati nostrani e stranieri non avrebbero capito come mai l'Italia rimpiombasse di nuovo in una crisi di governo dopo aver tenuto la barra, magari a scapito dello sviluppo, sulla tenuta dei conti pubblici.
Eravamo convinti che gli Italiani non potessero accettare di vedere ancora la rissa quotidiana e permenanente anche durante il 150esimo anniversario della Repubblica.
Ma se, invece di Mazzini abbiamo Fini, invece di Garibaldi abbiamo Bossi, invece di Mameli abbiamo Apicella, invece di un Gioberti abbiamo Casini, invece di un Cattaneo abbiamo Di Pietro, invece di un D'Azeglio abbiamo Bersani ed invece di Cavour abbiamo un Berlusconi dimezzato, e permetetemi la criptocitazione calviniana, allora forse è meglio riaprire le urne e vedere come pesano realmente le forze, vecchie e nuove, in campo.
Ovviamente spero in una resipiscenza della classe politica attuale, ma la speranza deve essere corroborata dalla ragione e dalla analisi dei fatti, altrimenti è utopia.
Tutti vogliono le elezioni, anche chi dice di non volerle, e tutti si stanno attrezzando per farle in primavera, accomunandole alle amministrative dove saranno in ballo amministrazioni locali importanti. Nessuno vuole rimanere con il cerino in mano.
Credo, ovviamente con la recondita speranza di essermi sbagliato, che il cerino lo abbia preso il presidente Napolitano che, a ben guardare, è l'unica carica che non rischia niente in caso di elezioni, e che rischia di non bruciarsi.

venerdì 22 ottobre 2010

Per favore adesso non prendiamocela con i soldi di Saviano

Faccio outing sono un fan di Roberto Saviano.
Confesso di nutrire un amore intellettuale verso l'autore di Gomorra, con una leggerissima punta di invidia, essendo un modesto scrittore anche io.
Ha successo, è bravo, ma paga questo successo con un certo abbassamento della sua qualità della vita.
Non deve essere stato facile scrivere Gomorra e non deve essere facile convivere con la paura, ma la scintilla della mia passione per lui è scattata quando ho, per caso, assistito alla puntata speciale di Che tempo fa dove lo scrittore campano raccontava e miscelava sapientemente Hikmet, i racconti della Kolyma e lo scempio urbanistico di Casal di Principe.
La passione per la scrittura e per i libri era palpabile ed era la vera cifra della narrazione, termine purtroppo abusato, civile di Saviano.
Mi rimane difficile,dunque, capire questa assurda polemica verso il (vero o presunto) compenso che Saviano percepirà per la trasmissione "Vieni via con me".
In moltissimi tuonano contro questi compensi monstre ad (alcuni) personaggi televisivi bollandoli come immorali ed assolutamente inopportuni.
Sono quasi sempre gli stessi che hanno tuonato e tuonano parole di fuoco contro gli ingaggi dei calciatori che minacciano lo sciopero, dandogli dei viziati, dei capricciosi, dei riccastri e degli ignoranti, magari con in tasca l'abbonamento in tribuna VIP e la tessera del tifoso.
Sono quasi sempre gli stessi che hanno tuonato e tuonano contro il velinismo, la società dell'apparire e la vacuità.
Ebbene se Saviano prende come un medio calciatore di Serie A, forse, c'è speranza di salvare questa società.
Magari la nostra è una pia illusione, ma sognare e sperare aiutano a vivere e cambiare il mondo.

giovedì 21 ottobre 2010

Semplificare, discutere, scegliere

Sinceramente le linee guida del rilancio del PdL non mi entusiasmano, ma bisogna anche dire che sono una vera e propria rivoluzione copernicana rispetto all'immobilismo ed alla inerzia che il partito ha mostrato in qui.
Non è il massimo che potevo aspettarmi, ma capisco che in politica soprattutto bisogna accontentarsi, e che tra il niente ed un compromesso è meglio quest'ultimo.
Certo, avrei preferito, insieme al sindaco Alemanno, un po' più di coraggio ed una iniezione più forte di democrazia interna.
E neanche vogliamo dare addosso a un ottimo commento di Simone che ha saputo incarnare, da ottimo commentatore, la delusione delle varie aspettative verso questo rilancio.
La cosa fondamentale è che finalmente è tramontata l'ora del 70/30, il granello di sabbia che inceppa tutto il meccanismo, gravato da dubbie duplicazioni di posti per i soliti (ig)noti e da pletoriche e assolutamente inutili assemblee.
Semplificazione delle cariche, apertura di spazi di discussione e certezza delle procedure di scelta, anche se in nuce sono queste i principi che, a forza, cercano di farsi strada nella nuova geometria del partito.
Potevamo aspettarcelo, il triumvirato dei coordinatori non ha mai brillato per capacità di rinnovamento.
Adesso che le nuove regole sono fatte, sta ai creativi saper ricavarne il massimo possibile. Questo deve essere il nostro compito, non fosse altro che per portare all'attenzione una nuova schiera di politici, anche solo come segretari comunali.
Ci stiamo accontentando delle briciole, forse, siamo degli inguaribili romantici, senza dubbio, ma se non lo fossimo il risultato sarebbe l'oblio, il silenzio ed il suicidio politico.
A me non pare proprio una bella cosa...

mercoledì 13 ottobre 2010

L'uomo nero dell'Italiano

Abbiamo ancora nelle orecchie le parole dell'onorevole Di Pietro nel dibattito sulla fiducia del 29 settembre scorso.
Quel "violentatore della democrazia" urlato con violenza contro il presidente Berlusconi.
Una molotov verbale degna di altri tempi e di altri periodi di cui, sinceramente, non avvertiamo la nostalgia e non auspichiamo il ritorno.
Ovviamente dissentiamo da queste parole e da questi toni, ma non ci indigniamo.
Da buoni conservatori, anche se liberali, però amiamo l'Italia ed il suo essere un paese di santi, navigatori e poeti.
E proprio perchè (anche) poeti ci urtica l'uso sconsiderato e sbarazzino che l'onorevole Di Pietro fa dell'idioma di Dante, Manzoni e Leopardi.
Quell'uso di una sintassi sincopata, quell'accoppiare verbi al plurale e sostantivi al singolare, quell'abuso della metafora in chiave offensiva, ma soprattutto il ricorrere abitualmente al neologismo.
Questo è il dialetto, mascherato da italiano, di Di Pietro, oramai famoso per l'intercalare dubitativamente retorico ( "che c'azzecca ?).
Se l'alternativa proposta da Di Pietro comprende anche questa, mi spiace a me proprio non piace.
Anzi, proprio per difendere l'Italiano, sostengo che Di Pietro è l'uomo nero dell'Italiano.
Non sono il tipo che accusa una persona di essere un violentatore o un utilizzatore finale.

Sospeso










Santoro è stato sospeso per 10 giorni..
... alla fine dei quali dovrà venire accompagnato dai genitori.

Il sogno e l'incubo















la domanda non è chi è, la domanda è PERCHE' ????

lunedì 11 ottobre 2010

Faccio outing: sono una zanzara dipendente...

Due sono i miei appuntamenti imperdibili con la radio: la mattina con la rassegna stampa di Radio Radicale ed il pomeriggio tardi con la Zanzara di Giuseppe Cruciani, su Radio 24.
Se, per qualche motivo li perdo, scarico i podcast e li ascolto il giorno dopo sul mio Ipod.
Confesso di essere una zanzara dipendente, una trasmissione creativa e che sta settando un nuovo standard qualitativo in quello che viene comunemente definito, con una parolaccia infotainment.
La Zanzara, condotta con magistrale sapienza e mestiere da un vero animale da radio, come Giuseppe Cruciani, è creativa, scanzonata, intelligente, pop, cinica e passionale.
Cruciani, insieme a Parenzo e Telese, dipinge, ogni sera, un affresco della realtà italiana multiforme, multicolore e polifonico. Un affresco, che non arriva mai ad una fine, teso, come è, a ritrarre una società italiana che si racconta ogni sera attraverso le telefonate dei telespettatori.
Uno specchio, urticante, deformante, corrosivo e cinicamente vero di quello che si vive e che si sente, senza imbellettamenti verbali e lifting di immagine.
Da una Zanzara così e' davvero uno spettacolo farsi pungere, ogni sera.

venerdì 1 ottobre 2010

Considerazioni (in)attuali in materia di blog in risposta ad un onorevole ascolano

Concedo che il titolo di questo post è fuorviante perchè potrebbe lasciare intendere un intervento astioso nei confronti di un ascolano, come me, mio avversario politico, in quanto esponente del PdL, ed ex alleato.
Ho sempre riconosciuto all'onorevole Ciccanti (UdC) una ferrea volonta nell'applicarsi alla politica anche se quasi mai ne ho condiviso i fini o i mezzi, ma, se fosse vera questa notizia, non posso esimermi da qualche considerazione, soprattutto da blogger, con una esperienza di oltre un decennio, e come uno dei fondatori di Tocqueville.
Lo faccio senza vis polemica, ma solo per cercare di far(gli) capire cosa sia, almeno secondo me, la peculiarità dell'essere un blogger.
Se oggi possiamo parlare di generazione Blog e/o di rivoluzione Blog, significa che questo medium comunicativo è stato ed è un punto di svolta epocale della nostra evoluzione sociale e tecnologica. I blog sono stati e sono il principale motore di quel WEB 2.0 di cui tutti parlano e su cui tutti hanno una teoria.
Senza i blog, oggi non avremmo nè Facebook e nemmeno Twitter, solo per fare i nomi dei social network più famosi.
Ho scritto in altre parti che la bogosfera è un immenso cervello collettivo, il quale non annacqua e non massifica le individualità, e che ogni post è una sinapsi di questa collettiva-mente.
Si apre un blog perchè si ha qualcosa da dire o perchè si vuole dire la propria opinione e non perchè si scrive o si vuole scrivere su un giornale. Certamente molti giornalisti hanno un blog, ma non tutti i blogger sono giornalisti.
I blog hanno permesso e permettono di farci ascoltare la voce di rivoluzionari o di dissidenti, ma anche di sapere cosa pensa la nostra vicina di casa.
E' questa sua flessibilità a rendere questo mezzo talmente affascinante ed usato.
Proprio perchè bloggare non è una attività riconducibile al "tradizionale" mestiere dell'operatore dell'informazione è sbagliato voler imporre le regole del codice penale, in materia di rettifica e di salvaguardia della privacy.
Invece con il voler imporre bavagli, sanzioni o una disciplina particolare ai blogger, che comunque sono sempre soggetti alla legge penale in materia di diffamazione o calunnia, a mio modesto avviso, è un modo sbagliato di affrontare il problema dell'informazione.
Perchè non prova, l'onorevole Ciccanti, a rovesciare i termini del discorso e proporre una legge che liberalizzi il mondo dell'informazione abolendo, in nome di una antica battaglia liberale, l'ordine dei giornalisti ?
Perchè piuttosto che voler rendere i blogger analoghi ai tradizionali operatori dell'informazione, non rende i tradizionali operatori dell'informazione analoghi ai blogger ?
Non sarebbe una cattiva idea.

Mai tollerare l'intolleranza

Non saprei se comincia a tirare una brutta aria, ma certamente il clima non è dei migliori. Dopo il tentativo di silenziare il presidente Schifani ed il lancio del fumogeno a Bonanni alla festa del PD a Torino, ieri sera c'è stato il tentativo di attentato a mano armata contro Maurizio Belpietro, direttore di Libero, cui esprimiamo tutta la nostra solidarietà.
Il ricorso alla violenza non deve essere ammesso, da qualunque parte accada e verso chiunque sia rivolto. Fa specie vedere come si tenti, da parte di qualcuno, di ricreare un clima di odio, di violenza e di intolleranza.
Non vorremmo che stiano per tornare i tempi dei cattivi maestri.
Una democrazia come la nostra non può e non deve accettare il ritorno di pericolose involuzioni, un paese libero e civile come l'Italia non merita questo clima di odio e di guerra civile (a bassa intensità?) e neanche la categoria infame dei mestatori d'odio in servizio permanente effettivo. 
Oramai non servono a niente gli appelli alla calma e quelli relativi ad abbassare i toni, qui serve una presa di coscienza chiara ed una risposta forte, decisa ed unita: mai tollerare l'intolleranza.

lunedì 13 settembre 2010

perchè non possiamo non dirci Brunettiani


La lucida e brillante analisi della situazione politica del ministro Brunetta a Gubbio, vale da solo il "prezzo del biglietto". Il ministro Brunetta con lucidità ed argomenti si e' rivelata, semma ce ne fosse stato bisogno, un preconizzatore.

Senza fronzoli e imbellettature, infatti, e con il suo stile assai poco incline alla parola melliflua, il ministro Brunetta ha riconosciuto, con la sua solita onestà intellettuale, i limiti della azione del PdL e del Governo, ma ha anche sottolineato la grandezza, le possibilità e le opportunità che l'azione del governo potrebbe portare da qui a 3 anni ed il rischio che una fine anticipata della legislatura potrebbe significare per quel piccolo spazio che il merito e l'innovazione stanno creandosi in Italia.

Noi, da sempre convinti sostenitori della innovazione contro l'abitudinario, della eguaglianza delle opportunità di partenza contro la parità dei risultati all'arrivo, del diritto contro i privilegi, della legge contro la prepotenza, del rispetto contro la maleducazione e della giustizia contro l'iniquità, non possiamo non dirci Brunettiani.

Non lo facciamo per piaggeria, sarebbe una inutile perdita di tempo visti i valori di riferimento del ministro, ma siamo con lui proprio per quei valori che diventano azioni e progetti di governo.

domenica 12 settembre 2010

Hic Sunt Leones


"Hic Sunt Leones".

Con questa espressione gli antichi, nelle loro cartine geografiche, indicavano quelle zone inesplorate del globo terracqueo.

La frase era un monito agli eventuali esploratori ed una dichiarazione di ignoranza da parte della scienza ufficiale.

Forse proprio per questa sua valenza che l'abbiamo scelta come sottotitolo di questo blog:FinisTerrae.

Ci sentiamo, oggi, come quei pellegrini che arrivavano ai confini del loro mondo e che si chiedevano cosa ci fosse oltre l'orizzonte.

"Hic Sunt Leones", era la risposta.

Anche noi vorremmo sapere cosa c'è oltre l'orizzonte. Ma il nostro è una orizzonte temporale e non spaziale. Un orizzonte temporale che non si esaurisca solamente nel presente, ma che guardi un po' più in la. Non perchè l'oggi non ci interessi, ma perchè ci interessa un progetto ed una speculazione di ben più ampio respiro.

Terremo d'occhio sullo svolgersi degli eventi e cercheremo di capirli e di interpretarli, per quanto possibile, secondo la nostra sensibilità.

Non pretenderemo, come non abbiamo mai fatto, di imporre la nostra visione.

Diremo la nostra, come abbiamo sempre fatto, se a qualcuno spiacerà; pazienza.

Una sola cosa non tolleleremo e non accetteremo: l'intolleranza, la mancanza di rispetto e la maleducazione.

FinisTerrae non come punto di arrivo, ma come punto di partenza.

Un punto da cui partire per disegnare una nuova mappa del mondo, in modo da cancellare quelle scritte che recitano: Hic Sunt Leones.