martedì 15 febbraio 2011

niente di nuovo sotto il sole di Milano

Il GIP di Milano ha deciso di rinviare a giudizio immediato Silvio Berlusconi per prostituzione minorile e concussione , viene da chiedersi dove è la novità ?
Credo che nessuno si aspettasse ragionevolmente il contrario, va bene essere ottimisti ma non fessi o, peggio, ingenui.
Il disegno è talmente evidente che può sembrare anche farlocco.
Visto che presto si scioglieranno le Camere e si andrà alle elezioni anticipate, è meglio che Silvio Berlusconi si presenti, a questa tornata elettorale, con un pesante fardello di accuse e con la spada di Damocle di una condanna sulla testa.
Chiaro e cristallino.
E' la riproposizione dello schema di Tangentopoli, quando bastava un semplice avviso di garanzia per essere cacciati dal consesso civile e ricevere il marchio della infamità.
Oggi bisogna solo rinforzare la dose, visto che un semplice avviso di garanzia non basterebbe, neanche se notificato a mezzo stampa.
Fortunatamente, poi, non tutto va come viene programmato e pianificato.
Eppure chi, oggi come allora, invoca la galera dovrebbe sapere, oppure aver capito, che è stato proprio Silvio Berlusconi il maggior beneficiario della "rivoluzione" di Mani pulite e non la gioiosa macchina da guerra de i Progressisti.
Chi oggi ha un orgasmo nell'apprendere questa notizia avrebbe dovuto rendersi conto, oramai da tempo, che Silvio Berlusconi è forte perchè manca di alternative e che una nuova ondata "moralizzatrice", ma direi puritana, rischia di creare un grosso immenso buco nero nel sistema politico italiano.
Una singolarità che rischia di far implodere questo nostro paese nelle sue attuali fragili infrastrutture condivise.
Un vuoto che non riusciamo a comprendere come potrebbe essere colmato.
Non invochiamo l'impunità per il Premier, se ha commesso reati è doveroso che paghi.
Ma quando le testimonianze delle vittime di tali reati sono concordi nell'escludere di aver subito qualunque tipo di violenza, allora il dubbio non solo è costituzionalmente legittimo, ma moralmente doveroso.
Niente di nuovo sotto il sole di Milano, dopo Mani pulite, adesso c'è Mani a posto !!!

lunedì 14 febbraio 2011

Si richiede un po' di congruenza

Sinceramente non trovo disdicevole che numerose donne siano scese in piazza per rivendicare la propria dignità.
Mi rimane difficile credere che quelle donne italiane siano talmente stupide ed ignoranti da credere che Ruby sia il modello dominante e che abbiano talmente poca autostima nelle proprie capacità di educatrici e delle facoltà intellettive delle proprie figlie, cugine, amiche e nipoti trattate come delle celebrolese, incapaci di un qualunque pensiero critico.
E', però, indubbio che la manifestazione non sia stata una manifestazione a favore di un nuovo movimento femminile, in grado di coniugare la tradizione femminista in questo nuovo millennio, ma una manifestazione antigoverno, cioè antiberlusconiana.
Ed anche qui non si riesce a comprendere come mai, di fronte ad un gruppo di ragazze bellocce, freddamente determinate a perseguire il successo facile e la ricchezza veloce a qualunque prezzo ed a dispetto di qualunque remora morale, supportate e sopportate da un ambiente familiare discutibilmente competitivo e rapace, alcune donne urlino i propri slogan contro Berlusconi piuttosto che contro queste infangatrici dell'ideale femmineo.
In mezzo a queste neopuritane si stagliano alcune figure che cercano di assurgere ad aedi di un nuovo modello muliebre.
Come non ricordare la Giovanna Melandri che partecipava alle feste di Briatore in Kenya.
Oppure la Emma Marone, che oggi si scopre antiberlusconiana, ma che è divenuta famosa grazie alla trasmissione Amici, programma di punta della berlusconiana mediaset.
Ci si scandalizza perchè la Minetti è stata eletta,senza aver fatto la gavetta, nel listino bloccato di Formigoni e nessuno si scandalizza perchè Arianna Madia sia stata eletta in Parlamento nella lista bloccata del Lazio, prevista dal Porcellum, senza aver fatto nessuna gavetta ?
Vogliono essere degli esempi, ma è troppo chiedere un minimo di congruenza ?

giovedì 10 febbraio 2011

Walk like an egiptyan...


La caduta di un regime, per quanto illuminato o moderato, non può che essere salutato positivamente da queste parti.
Ma adesso che Mubarack ha lasciato l'Egitto non possiamo non porci le domande riguardanti questa fase di transizione della rivoluzione egiziana e quelle a proposito della costruzione di questa nuova (e delicata) democrazia.
Non ci siamo mai appassionati alla politica estera, e non daremo consigli o faremo proposte, ma ciò non toglie che non sia interessante questa ondata di libertà sull'altro lato del Mediterraneo.
Quello che teniamo è che questa vicenda di questo storico regime change venga strumentalizzato per le vicende italiane.
L'Italia è, pur con tutti i limiti possibili, una repubblica democratica e, se davvero gli italiani vogliono cambiare registro, possono sempre farlo votando per una nuova coalizione di governo nel momento in cui si presenterà l'occasione, che in Italia non manca mai.
I festeggiamenti di liberazione degli egiziani non vanno confuse con i desiderata di alcuni benpensanti gracchianti e striduli che, alzando la voce, cercano di riempire il vuoto della politica e della vacuità delle loro proposte.
In Egitto la piazza ha costretto Mubarack a lasciare il paese perchè non aveva la forza legittimante di libere elezioni, in Italia, fortunatamente, abbiamo questa forza.
Quello che non abbiamo sono le persone che sanno accettare serenamente i suoi risultati.

lunedì 7 febbraio 2011

di vostra dignitate...


Adesso però carissime vestali della dignità femminile, bravissime custodi dei valori della tradizione e valenti sacerdotesse della superiorità femminile non mandate tutto in vacca (forse avrei scrivere toro).
Il prossimo 8 marzo, in occasione della vostra festa, non assiepate a mandrie tutti quei ristoranti, pub, bar, balere, discoteche ed affini che vi propineranno il trito e ritrito rito collettivo dello strip maschile.
Carissime depositarie della virtù muliebre, che recitate il verbo della Conchita a memoria, non fatevi infinocchiare da una società maschilista, retrograda, consumista ed edonista.
Vi prego dite di no, a tutti quei corpi muscolosi e scolpiti guizzanti nell'olio da massaggio, che agitano delle chiappe marmoree, appena coperte da un filo interdentale, e delle proboscidi da elefante, a stento represse dietro pochi centimetri quadrati di stoffa.
Riunitevi in un gruppo di lettura per commentare l'ultimo editoriale di Gad Lerner, datevi appuntamento a teatro, andate al cinema per vedere "Maschi contro femmine", facendo, ovviamente e giustamente, il tifo per queste ultime, al limite organizzate un public reading delle poesie della Plath e di Ada Merini.
Date uno smacco a questa pratica pop trash dello spogliarello maschile.
Dimostrate che la carne esposta, qualunque carne, non è cultura ed è abbrutimento della società.
Date l'esempio, ve ne prego.
La società maschilista vi ringrazierà....

lunedì 31 gennaio 2011

l'onanismo della ghigliottina

Se qualcuno crede che Berlusconi possa essere sconfitto definitivamente con una azione giudiziaria, allora stiamo davvero freschi.
Se qualcuno crede ancora che l'azione della magistratura possa supplire alla ignavia ed alla inazione della politica, allora stiamo davvero messi male.
Mentre il volto dell'Africa mediterranea sta cambiando grazie alla forza dei social network come Facebook e Twitter, qui in Italia stiamo ancora a discettare su Santoro e Ruby.
Crediamo di essere ancora il centro del mondo, siamo ancora convinti di vivere nell'impero romano, mentre, purtroppo, siamo solo alla periferia.
Crediamo di poter volare alto, mentre ci stiamo avvitando in una spirale perversa.
Crediamo di poter riprendere quota, mentre la fiamma che alimentiamo è la stessa che ci sta bruciando.
Come diceva Gaber, in una indimenticabile canzone a proposito dell'essere comunista, la rivoluzione arriverà dopodomani.
Eppure ci abbiamo già provato 20 anni fa con Tangentopoli, grazie all'azione della stessa procura di Milano.
E quel Paolo Brosio che, incurante delle condizioni atmosferiche, faceva il resoconto dei provvedimenti giudiziari era, forse, più visto di uno speciale di calciomercato.
Ed oggi ci riproviamo, sempre grazie all'azione della procura di Milano, con i festini di Berlusconi.
Oggi, ancora, si crede che la caduta di Berlusconi sia il viatico che bisogna pagare per poter entrare nella modernità ed in una nuova età dell'oro.
Oggi si cerca di dare a bere che è necessario estirpare Berlusconi ed il berlusconismo, credendo che tale compito tocchi alla magistratura e non alla politica e alle elite culturali.
E così, come le donne che facevano la calza, durante le esecuzioni della Rivoluzione francese. Anche noi siamo a guardare ebeti ed inebetiti dall'onanismo della ghigliottina.
Oggi si crede che il codice penale possa soppiantare un programma politico e che l'insulto possa essere il surrogato di un ragionamento.
Oggi si crede che una sentenza sia la storia.
Oggi si crede che la via più breve per arrivare al potere sia un avviso di garanzia e la via più facile per giungere al successo sia quella di concedersi.
Abbiamo delegato la pancia, se non i testicoli o l'utero, a dirigere la nostra vita.
Attorno a noi la stessa realtà e la stessa faccia del pianeta cambia, ma noi rimaniamo qui ai piedi della ghiogliottina in attesa di raggiungere un orgasmo solitario e vacuo al ruzzolare dell'ennesima testa.

sabato 22 gennaio 2011

Davvero è produttivo riunire le due metà ?

Tutti oramai sostengono che l'Italia sia un paese profondamente diviso, quasi che la classica contrapposizione tra Guelfi e Ghibellini sia solo una scaramuccia puerile e di poco conto.
E se l'Italia piange, neanche gli italiani possono ridere.
Sono talmente tante le linee di frattura nel territorio, nella cultura, nella lingua, nell'ethos pubblico e/o privato e nelle possibilità di accesso che a stento si può ritrovare un criterio per una reductio ad unum quanto mai auspicabile e quanto mai attesa.
Il celebre broccardo latino Ex pluribus, unum si è trasformato in ex uno, plura ed ognuno di noi porta benzina e fuoco nel grande sabba della autocombustione della patria.
Siamo perfettamente coscienti del pericolo di sembrare dei nostalgici e sentimentali patriottardi che vivono in un iperurano risorgimentale con la foto di Cavour e Mazzini sul comodino, ma, purtroppo, crediamo solo di essere realisti, per quanto cinici.
Nell'anniversario del 150 anno dell'unità d'Italia, oltre all'Italia rischia di essere assente anche il concetto di unità.
Si invoca lo Stato per tutto, salvo poi avvertirlo come ostile e nemico.
Ci si rifugia nel comune localismo dei benefici pretendendo di non pagarne gli oneri.
Si invoca l'esempio degli altri, salvo poi rifiutarlo di applicare a noi stessi.
A citare una battuta comica, si potrebbe scrivere che sono tutti froci con il culo degli altri.
L'incontro con l'altro da sè che dovrebbe portare alla autocoscienza ed al dialogo è divenuto lo scontro ed il dialogo si è trasformato in insulto.
Dal punto di vista culturale, lo spazio pubblico non è che sia scomparso. Nessuno lo frequenta più, preferendo la narrazione di un disagio intimistico generalizzato ed autoconsolatorio piuttosto che la vertigine e la paura di una grande immaginazione alternativa e radicalmente diversa.
La mente creativa e sinergicamente in rete dell'Italia ha smesso di pensare al futuro, ha smesso di raccontare il presente e si accontenta di cannibalizzare sè stessa in un loop lamentativo senza fine, come un enorme tumore.
Tutti aspettano il big bang.
Nessuno cerca di farlo o quanto meno di affrettarlo.
Allora viene da chiedersi: "Davvero è produttivo riunire le due metà ?"

giovedì 13 gennaio 2011

Tempi moderni ?

Diciamolo francamente, la figura dell'operaio, ovviamente sfruttato, oppresso dal Padrone, ovviamente avaro, ricco ed arrogante, suscita delle emozioni e delle nostalgie mai sopite e malcelate nella sinistra italiana, tutta cachemire, champagne, Saint Moritz (e scarpe di decathlon).
Una sinistra radical chic, con l'orecchino e la erre moscia, che è liberale e riformatrice nelle pie intenzioni, ma nei fatti ostaggi di massimalismi e vecchie logiche vetero sindacali.
Nel contrasto tra un conservatore ed un innovatore, è risaputo, vince sempre quest'ultimo. Se vince il primo, infatti, l'unica cosa che può accadere è che tutto resti così com'è.
Ma lo status quo non è più sostenibile.
Magari Marchionne e le sue proposte possono essere delle risposte sbagliate e tagliate con l'accetta, ma, invece, di accusarlo di voler sfasciare il lavoro e le sue tutele, perchè nessuno a sinistra punta il dito contro quel sindacalismo deteriore e clientelare che ha usato le leggi ed i tribunali per tutelare tutti quei casi di fannulloni, ladri, finti malati, baby pensionati e compagnia cantante ?
Perchè, cari amici della sinistra, non dite che le troppe tutele concesse ad alcuni lavoratori sono oggi la causa  delle proposte di Marchionne ?
Solidarizzate con l'operaio della FIAT, vessato dal Padrone. Ma vi siete mai resi conto che, quando acquistate  merce made in China o in Vietnam o di contrabbando, quelle stesse merci sono state prodotte in fabbriche dove davvero non esistono tutele e garanzie e che queste fabbriche sono le principali cause di sleale concorrenza a quello stesso operaio ?
Vi scandalizzate delle parole di Berlusconi a favore del piano Marchionne, ma non dite niente degli appoggi pubblici di Fassino, probabile candidato sindaco di quella Torino dove la FIAT è nata ?
Il marchionismo, cari amici della sinistra, propone una sua idea di innovazione, mentre voi rispondente balbettando e cincischiando, cercando di dare una botta al cerchio della Camusso e di Landini ed una botta alla botte di Marchionne.
Questa vicenda è il vero segno dei tempi moderni, ed ha ragione Chiamparino (Democratico sindaco di Torino) quando dice che il vero ricatto all'operaio lo fa il mondo globalizzato.
Infine non poteva mancare il rozzo tentativo che il Vendola dalla melliflua lingua cerca di portare avanti cercando la saldatura tra la "protesta" studentesca e la "protesta" della FIOM tramite il trinomio Berlusconi, Gelmini e Marchionne.
Tipica operazione di potere, in vista delle primarie del centrosinistra.
Diciamolo francamente, la figura dell'operaio, ovviamente sfruttato, oppresso dal Padrone, ovviamente avaro, ricco ed arrogante, suscita delle emozioni e delle nostalgie mai sopite e malcelate nella sinistra italiana, tutta cachemire, champagne, Saint Moritz (e scarpe di decathlon).
E se  i primi a sputtanarvi potrebbero essere proprio gli stessi operai ?!?!?

venerdì 31 dicembre 2010

FinisTerrae Uomo dell'anno 2010

La nostra scelta per l'uomo dell'anno 2010 è Josè Mourinho.
Non siamo tifosi interisti e neanche del Real Madrid, ma bisogna riconoscere le sue indubbie capacità di leader carismatico.
Lo special one ha saputo prendere un branco di buoni giocatori e renderlo un gruppo invincibile, ha saputo trasformare un ambiente rassegnato alla sconfitta in una palestra di vittoria e ha saputo chiedere dei sacrifici da gregario a campioni affermati tutto in nome del supremo valore della vittoria.
E' senza dubbio lui, il vero artefice della Triplete.
Magari non sarà un fine tattico o uno stratega del campo verde, ma il codice Mourinho dovrebbe essere studiato ed applicato non solo allo sport.

p.s.: da tifoso dell'Ascoli, con simpatie juventine, pensate a quanto mi è costato scrivere questo post.

FinisTerrae Donna dell'anno 2010

La sola notizia della sua liberazione è già una grande notizia. Il coraggio di Aung San Suu Kyi è un faro che illumina, dal tetro regime totalitario birmano, i cuori di tutti coloro che si battono per ottenere o per preservare la libertà.
Con queste poche parole noi onoriamo il suo esempio e la sua forza, e grazie a lei rendiamo omaggio a tutte quelle donne che soffrono le ingiustizie per salvare la loro dignità e quella del mondo intero.

FinisTerrae Libro dell'anno 2010

I Conformisti di Pierluigi Battista è un libro che è pura dinamite, in un mondo, come quello dei (para)intellettuali italiani.
Un libro che, una prosa elegante ed asciutta, indica la nudità dei re di una cultura nazionale che, come un pendolo schopenaueriano, oscilla tra il pop ed il trash.
Una opera dagli echi nicciani che ricorda Raymond.

FinisTerrae Disco dell'anno 2010



Per quel che riguarda il disco dell'anno non abbiamo saputo decidere per cui, salomonicamente, assegniamo un ex aequo a due album:

 Arcade Fire, "The Suburbs" Mumford & Sons, "Sigh No More" 


Gli Arcade Fire sono stabilmente dentro la mia playlist dell'Ipod fin dai tempi di Neon Bible, ma con questo album hanno decisamente virato verso l'Olimpo. Con questa opera hanno saputo togliere qualche peso di troppo dalla loro musica senza perdere verve, intelligenza e prospettiva.


Diverso discorso per i Mumford & Sons che con il loro sound pop folk spruzzato quanto basta di rock hanno esordito alla grande, rinvigorendo un po' una ondata britannica che mostrava un pizzico di stanchezza.

sabato 18 dicembre 2010

I tre dell'operazione Terzo Polo

In altre occasioni la nascita di un altro polo, nel nostro sistema politica, sarebbe stato da me accolto molto positivamente, ma quello che vogliono fare Casini, Fini, Rutelli ed altri comprimari non mi trova d'accordo.
Magari sarò in errore, e non lo escludo.
Magari questo polo della Nazione è proprio la risposta ai problemi che attanagliano la nostra Italia.
Lo scopriremo solo vivendo, come canta Battisti in una sua celebre canzone.
Il Polo della Nazione, per inciso spero che gli trovino presto un nome un po' più accattivante, nasce in seguito ad una cocente sconfitta parlamentare. E' inutile girarci intorno.
Certamente il 14 dicembre Berlusconi non ha vinto la guerra, ma ha segnato un notevole punto a suo favore. Segno che il fascino del Cavaliere è abbastanza integro, e sappiamo per esperienza che ciò non è poca cosa.
Ma quello che l'operazione Terzo polo non riesce a convincermi è il fatto che la ragione stessa di questo schieramento rischia di minare il massimo risultato politico e di sistema istituzionale che il berlusconismo ha saputo guadagnare e guadagnarsi: il bipolarismo e l'alternanza.
Non è poca cosa, visto che molti paesi lo hanno conquistato mediante sanguinose rivoluzioni o guerre civili.
Silvio Berlusconi, volenti o nolenti, è stato un fantastico catalizzatore della costruzione istituzionale italiano, ed il fattore di dinamismo del sistema politico e partitico italiano.
Quello che ancora non riesce a portare a compimento è l'adeguamento delle regole formali della Costituzione alla prassi quotidiana della vita istituzionale italiana. Una volta che ci sarà riuscito, finalmente potremmo dire addio a questo lungo periodo di transizione.
Una transizione da cui non si esce minando l'unico fattore di novità politica, come ha cercato di fare il polo della Nazione provando a disarcionare il Presidente del Consiglio in carica.
Questo antiberlusconismo, infatti, è un altro punto debole che rischia di incrinare le fondamenta del patto del trio centrista.
Un antiberlusconismo di destra che sembra trionfare all'interno di Futuro e Libertà. La formazione finiana, infatti,è quella che più di tutte rischia di caratterizzarsi come una macchietta dell'Italia dei Valori, all'interno di una ampia collocazione di centrodestra o presunto tale.
Un antiberlusconismo (di centrodestra) che respinge piuttosto che attrarre e che fa il paio con la destra della bava alla bocca che tutti i finiani schifano.
Questa è la colpa maggiore del terzo polo sono essenzialmente queste.
Quella di non aver saputo elaborare una valida proposta che fosse con Berlusconi, senza essere né sotto e né contro.
Una proposta che fosse migliorativa del berlusconismo, ma non contraria o alternativa.
Essere alternativi ai due poli, è oggi una posizione esiziale perchè condanna, nel medio e lungo periodo, alla inutilità politica.
E l'inutilità politica è molto peggio che perdere per tre voti.

giovedì 16 dicembre 2010

Sconsy (De Gregorio)

Comincio ad aver nostalgia delle Frattocchie e delle Case del Popolo. E non scherzo.
Non parliamo poi della tristezza che mi attanaglia ogni volta che guardo i film di Peppone e Don Camillo.
Vorrei ritornare un liceale solo per scontrarmi ancora con i miei compagni, in tutti i sensi, di classe e di istituto.
Vi prego, qualcuno alzi un pugno chiuso e canti Contessa oppure l'Internazionale.
Non è più possibile, e tollerabile, leggere post come quello che ha scritto il direttore, di qualcosa che somiglia a l'Unità, Concita De Gregorio, dal titolo emblematico: Un paese sconfitto.
A leggerlo tutto, dopo la disperazione, si capisce il perchè "questi non vinceranno mai", come profetizzò Moretti qualche tempo fa.
Da dove vogliamo cominciare ?
Anzitutto mi verrebbe da dire a quale titolo scrive a nome del Paese. E di quale paese poi.
L'Italia è una società complessa ed ancora più complesso è fotografare un paese, come il nostro, sotto il profilo politico. Troppo profonde e troppo articolate sono le linee di frattura sia ideologiche che prepolitiche e metapolitiche.
La politica oggi è trattata oggi come se fosse un "(a)social network" dove esiste un solo tasto "Non mi piace" ed, a seconda se si clicca o meno, si decide, ma spesso gli altri decidono per te, da che parte si sta.
Ma il gradimento al contrario non è mai stata una categoria della politica. Esiste la passione, la militanza, il ragionamento, il consenso, il ragionamento, il dialogo, la dialettica ed anche il confronto.
Mai il "non mi piace"
Anche il binomio classico tra destra e sinistra è oggi quanto mai usurato ed alquanto cangiante, poichè tutto quello che sostiene, dice e fa Berlusconi è destra, il resto è sinistra, accettata acriticamente ed aprioristicamente.
Ovviamente, poi, il paese, che ancora vede un Governo, costituzionalmente legittimo, ancora in carica dopo una democratica votazione parlamentare, non può che avere una connotazione negativa, ed, infatti, è sconfitto.
Perfetta scolaretta della lezione, invero un po' datata, di Eco, il direttore decide, anche legittimamente, di schierarsi dalla parte degli apocalittici (profeti di sventura) contro gli integrati (berlusconiani).
Ma i fuochi (fatui) dell'artificio retorico non si fermano qui, ma continuano innescando subito la saldatura della valenza negativa della sconfitta alle immagini dei leghisti avvolti nel tricolore e della indegna guerriglia urbana, scatenatasi a Roma l'altro ieri.
Anzitutto ci sarebbe solo da essere contenti del fatto che i leghisti si avvolgano nel tricolore, visto che, quando erano "una costola della sinistra", lo volevano buttare nel cesso.
Ma il climax lo si raggiunge subito dopo.
Il governo ottiene la maggioranza alla Camera per tre voti - 311 a 314 - e da qualunque parte la si guardi, la giornata campale di ieri, da qualunque fotogramma si decida di partire è una giornata cupa, grottesca, ridicola, misera, a tratti tragica: in strada tragica. È la giornata della sconfitta: la giornata che segna la sconfitta della politica intesa come confronto di idee e di progetti, l’unico modo lecito di intenderla, la sconfitta di un paese che esibisce al mondo intero come successo la tenuta di un governo che compra col denaro e col ricatto i parlamentari che gli servono e una piazza che dice che la sfiducia è nelle strade, che siamo a un passo dall’irreparabile, che basterebbe niente, ma proprio niente, per trasformare la guerriglia urbana in guerra civile e a poco varrebbe dopo cercare i colpevoli."
Un capolavoro di affabulazione del vuoto ideologico, una pietra miliare della piagnoneria radical chic, un picco della narrazione solpsista e stantia di una certa sinistra nouvelle vague, una pole position di un savonarolismo auto assolutorio ed auto consolatorio di uno schieramento ripiegato su sé stesso e pronto ad implodere.
Il segno linguistico ed ideale di una sinistra inabile ad una qualunque azione politica, nonostante un appannamento del Governo, incapace di intercettare un minimo di nuovo consenso sociale e che non riesce a fare i conti con il suo ingombrante passato che le impedisce di entrare nel futuro e la relega sia ad una battaglia  conservatrice sull'esistente sia al servilismo di effimeri fenomeni, come Fini, accettati ed osannati acriticamente.
Una sinistra spettatrice non protagonista e paranoica che vede complotti ed infiltrati dappertutto, che ha scelto l'indignazione come surrogato dell'azione che di civile aspetta solo la guerra.
Per questa sinistra ci saranno sempre uno Scilipoti ed un Razzi pronti a tagliarle le gambe, perchè sono solo questi i personaggi che riesce a raccattare nelle sue liste elettorali o nominali.
Una sinistra, nostalgica del 68, che, sfasciando il sistema d'istruzione, con una infornata di docenti frutti del sei politico ha permesso la nascita del Cepu, contro cui è inutile scagliarsi contro adesso.
Chi ha più soldi e più potere vince, è questa l’unica regola. Chi ha più soldi, chi può pagare di più e minacciare più forte, chi è più persuasivo. Non è più una questione di idee, la politica non c’entra:...
Parole dure, ma pronunciate da chi è erede di un partito che prendeva soldi dal patto di Varsavia, da chi è stipendiato da Soru, il patron di Tiscali, da chi ha come riferimento De Benedetti ed il figlio di Colaninno come deputato, da chi ha sostenuto chi ha imposto Calearo come capolista, da chi ha sognato la Moratti (Bepi) sindaco di Milano contro Albertini, da chi stava con chi chiedeva al telefono: "Allora, abbiamo una banca ?", per finire da chi ha un tesoriere di partito che, di fronte ad un emendamento che voleva togliere alcuni euro al rimborso elettorale per i partiti per darli ai ricercatori universitari, ha bollato tale proposta come volgare, suonano quantomeno fuori luogo, se non proprio di cattivo gusto.
...non è un Italia in cui continuare a vivere, o per chi lo preferisca tirare a campare, sereni. Non si tira a campare così.
Finisce così l'intervento del direttore De Gregorio.
Così come finiscono di solito gli appelli di Camilleri ed Eco sotto campagna elettorale.
Noi speriamo che questa sinistra, di cui la direttrice Concita, si è fatta cantore, assecondi questa sua volontà.
Sappiamo benissimo che in Italia non sono tutte rose e fiori, ma almeno rimarremo a cercare di migliorare le cose.
Noi questo paese lo amiamo davvero e vogliamo che vinca.
Tutto intero...

martedì 14 dicembre 2010

Non è riuscito l'All In di Fini

314 a 311, i numeri sono numeri e danno l'esatta fotografia di una vittoria di Silvio Berlusconi nello scontro con Fini.
I modi non contano, perchè la fiducia di oggi non sarebbe mai servita per continuare a governare, visto che oramai si andrà al voto al massimo ad Aprile.
Ottenere la fiducia serviva solo per vedere se Berlusconi era ancora capace di dettare i tempi e i modi della politica italiana. Ebbene il presidente del Consiglio ha fatto quello che sa fare meglio: uscire dall'angolo e piazzare un colpo mortifero.
Eppure dopo 16 anni, alcuni avrebbero dovuto saperlo e prevederlo.
Per ironia della sorte a salvare il Premier sono stati tre esponenti di Futuro e Libertà per l'Italia: Moffa, Siliquini e Polidori.
Come nel Texas Hold'em, Gianfranco Fini ha giocato il suo All In ed ha perso, a causa di coloro che avrebbero dovuto aiutarlo.
Qui non abbiamo mai chiesto le sue dimissioni, ma crediamo, poichè in politica la forma è anche sostanza, che questo atto sia un atto dovuto.
Quale credibilità politica, nella costruzione di questo terzo polo, avrebbe un presidente di un partito che non riesce ad imporre, in un passaggio parlamentare fondamentale, la propria disciplina ai suoi parlamentari ?
Ovviamente, insieme a Fini, e per gli stessi motivi politici (e partitici) dovrebbe dare le dimissioni da capogruppo anche Italo Bocchino.
Con questi numeri, e siamo convinti che lo sappia anche il Cavaliere, la vittora politica non equivale alla governabilità, ma non era questo lo scopo di questa votazione.
Da domani si prospettano tempi duri per il Governo in Parlamento, soprattutto alla Camera, ma tranne la riforma della Università ed il solito milleproroghe crediamo che non ci saranno altre leggi importanti e, forse, nessuna altra questione di fiducia.
Dopo di oggi, ne abbiamo avuto abbastanza.

lunedì 13 dicembre 2010

Troppo tardi, troppi tordi

Non mi sono mai appassionato alle classificazioni ornitologiche, anzi, da politicamente scorretto, spesso uso il termine uccello allusivamente per indicare il membro maschile, ma spero che chi mi legge voglia usarmi un po' di comprensione e di tolleranza nei riguardi del titolo di questo post.
Oramai è tardi e domani, comunque andranno le cose, si andrà a votare forse già a marzo prossimo.
Possiamo solo dire che le colombe si sono alzate in volo troppo tardi ed i falchi hanno volato troppo a lungo.
Spiace che il centrodestra, questo centrodestra che pensavo fosse stato costruito faticosamente con la nascita del Popolo della Libertà si sia, quasi irrimediabilmente, sciolto per ragioni interne.
Forse dirò una cosa insensata e che può suonare quasi eresia, ma più che una lotta tra Berlusconi e Fini, a me è sembrata più una lotta tra fazioni in lotta che hanno saputo ingabbiare i leader, rendendoli sordi alle ragioni della diplomazia e della ragionevolezza.
Ma oramai è tardi ed è bene che ci sia il redde rationem.
Da parte mia non posso che schierarmi ancora con il Popolo della Libertà.
Ho speso gli ultimi decenni della mia avventura politica predicando, qualche volta da solo, sulla grande opportunità che un partito unitario del centrodestra poteva rappresentare ed oggi, di fronte al suo sgretolamento parlamentare, mi sento ancora più convinto delle ragioni della unità e di quello spirito del 1994 che è stato fonte di grandi speranze e di grandi aspettative.
Qualcuno potrà ritenermi un illuso, un servo di Berlusconi, un minorato mentale ed un ascaro che ha portato il cervello all'ammasso.
A priori non lo escludo, ma sono talmente innamorato della utopia del partito liberale di massa che mi sento di combattere tutte le storture che, indubitabilmente, ci sono all'interno del PdL continuando a starci insieme piuttosto che contro.
Oggi sono più che mai convinto che sia possibile contribuire alla creazione di una nuova classe dirigente dentro il PdL avendo conosciuto l'entusiasmo, la ragione e la passione di tanti ragazzi e ragazze che volontariamente si sono avvicinate al berlusconismo e che, in tutta onestà, non me la sento di lasciare in balia dello sterile muscolarisimo alla Santanchè.
Per me il nocciolo duro del berlusconismo sono le genialità economiche di Tremonti, la visione strategica di Brunetta, la lucidità intellettuale di Quagliariello, la logica serrata di Pera, la rigorosa abnegazione di Sacconi, la passione focosa di Miccichè, il radicamento identitario di Alemanno e la cristallina trasparenza del liberalismo di Martino.
In nome di queste idealità ho deciso di restare dove sono, anche se col cuore a pezzi.
Da domani ci sarà un bisogno mostruoso di pontieri, non più di falchi e colombe.
Oggi purtroppo è troppo tardi a causa dei troppi tordi.

domenica 12 dicembre 2010

Sbagliano anche su questo...

Non vorrei che i sinistri italiani si sbaglino anche sulle date ed abbiano confuso il 14 dicembre 2010 con il 21 dicembre 2012.
Qualcuno li avverta, altrimenti avremmo un aumento di suicidi.
Per lo meno si autoconsoleranno con il mantra di essere sempre in anticipo sulla storia.

mercoledì 8 dicembre 2010

Il vero problema sarà il 15

Che il 14 dicembre prossimo, Berlusconi ottenga o meno la fiducia è un problema relativo. Il vero scoglio sarà cosa succederà dal 15 in poi.
Un governo con una fiducia risicata, dopo aver ottenuto la maggioranza elettorale più grande dal dopoguerra, sarà oggetto di continue imboscate parlamentari e continui ricatti da parte di gruppetti marginali, ma decisi ai fini della tenuta.
Un Berlusconi sfiduciato sarebbe una iattura sia per il contraccolpo sui mercati internazionali, volenti o nolenti il consenso personale del Premier è stato un fattore di stabilità in questi ultimi decenni, sia per i risvolti interni che potrebbe innescare un risultato di questo tipo.
Se il Cavaliere venisse sfiduciato da tutte e due le Camere, una sola cosa è certa. Non potrebber ottenere il reincarico.
Se, sfiduciato Berlusconi, si andasse alle elezioni anticipate, come crediamo, ci aspetta la più truculenta, brutta, e sanguinosa campagna elettorale di sempre, con le indubbie ripercussioni che gli echi potrebbero avere su un tessuto civile e sociale già sbrindellato.
Se il Presidente Napolitano, costituzionalmente legittimato, dovrebbe dare un mandato esplorativo ad una nuova personalità, allora gli scenari sarebbero molteplici.
Se il nuovo incaricato fosse un autorevole esponente del PdL, Letta o Tremonti, potrebbe accadere che, almeno formalmente, la volontà degli elettori sarebbe stata salvata, poichè potrebbe mettere insieme una maggioranza allargata al terzo polo, ma con il nocciolo duro di PdL e Lega.
Se l'incarico venisse affidato ad una personalità esterna non gradita al PdL ed alla Lega e questi riuscisse a mettere insieme una maggioranza, con PdL e Lega all'opposizione, allora le cose potrebbero incancrenirsi ed intorpidirsi.
Alla lettera della Costituzione formale, infatti, si contrapporebbe lo spirito di una Costituzione materiale che tutti gli attori politici oggi operanti hanno implicitamente avallato con il loro comportamento nel corso di questi anni, ed il presidente Napolitano non potrebbe non tener conto di questo fatto.
Cosa fare allora ?
Sinceramente fare previsioni oggi è quantomeno difficile a meno di non chiamarsi Nostradamus.
Tutti allora guardano a Berlusconi, l'unico capace di poter tirare fuori il classico cilindro dal cappello.
Noi possiamo solo dire quello che faremmo noi in una situazione del genere.
Ebbene il 13 pomeriggio convocherei una conferenza stampa per annunciare la mia disponibilità a dimettermi dall'incarico di Presidente del Consiglio a patto che si dimetta anche il presidente della Camera, (simul stabunt, simul cadent) e darei la mia disponibilità a fare il passo indietro dal Governo all'esclusivo patto che venga approvata una legge costituzionale che istituisca una nuova assemblea costituente di massimo 100 membri, eletta con il proporzionale puro su un unico collegio nazionale con le preferenze.
Ovviamente con la clausola che la sua durata deve essere di massimo 3 anni e che i membri di questa assemblea non possono ricoprire nessun incarico politico elettivo o di governo a qualunque livello.
Detto questo aspetterei cosa succede e poi mi regolerei di conseguenza.
A quel punto tutti dovrebbero scoprire le carte e si vedrebbe chi ha il punto migliore.

domenica 5 dicembre 2010

Dall'Università al posto in banca, solo andata

Si nasce incendiari e si muore pompieri.
Forse questo è il miglior commento (popolare) alla manifestazione di protesta degli studenti contro la riforma dell'università del ministro Gelmini.
Diciamocelo francamente e senza ipocrisie, il ribellismo giovanile, la protesta degli studenti, i cortei, le occupazioni e gli scioperi trovano nell'immaginario collettivo un terreno fertile perchè riportano alla memoria di tutti quel periodo scolastico che, nei nostri ricordi, è sempre rivissuto con un certo rimpianto e con una certa nostalgia.
E' come se, empatizzando con questi ragazzi, si tornasse ragazzi anche noi, a quel periodo in cui si poteva sognare di rivoluzionare e cambiare il mondo.
"Eravamo quattro amici al bar che volevano cambiare il mondo". Così cantava, nostalgicamente, Gino Paoli, salvo poi concludere amaramente, alla fine, che era rimasto solo lui a sognare visto che gli altri avevano trovato un lavoro in banca o una ragazza.
"Compagno di scuola, compagno di niente. Ti sei salvato o sei entrato in banca pure tu?". L'autore di queste parole (e della musica) è, invece, Antonello Venditti, il quale non si è voluto far mancare una comparsata sul tetto (che scotta) della facoltà di Architettura di Roma.
Queste due citazioni sono emblematiche di un clima diffuso che si respira attorno all laurea, il famoso pezzo di carta, il cui fine dovrebbe essere quello di un posto impiegatizio, cimitero degli elefanti della creatività, della ribellione dei giovani.
Sui giornali, per primi quelli contro il governo, è stato tutto un rifiorire di elegie, un florilegio di complimenti e uno sperticato elogio di queste proteste.
Ovviamente non ci siamo fatti mancare neanche il consueto e consunto paragone con il '68.
Rimando che è, praticamente, un riflesso condizionato di una certa sinistra, incapace, parolaia, perdente, rassegnata e votata alla conservazione che immagina e proietta i suoi desiderata su quei cortei, sperando che gli studenti riescano, inaspettatamente, a fare quello che loro non sono stati capaci di fare in quasi 20 anni: cacciare e battere Berlusconi.
Fortunatamente qualche voce fuori dal coro c'è stata, come quella di Franceso Giavazzi sul Corriere, che ha ricordato quello che, purtroppo, facciamo finta di non capire: l'Università italiana è profondamente malata ed incapace di rialzarsi.
Baronismo, conservazione, esclusione del merito, burocratismo, immobilismo culturale sono queste le malattie che si sono metastizzate in quella che noi chiamiamo Università e, non è un caso, se alla protesta dei ragazzi si sia unita anche quella dei baroni e degli aspiranti tali.
Uniti nella conservazione e nella propagazione delle metastasi culturali, è questa la saldatura ideologica alla base di questa (ennesima) onda.
La riforma Gelimini non è la riforma perfetta, ci mancherebbe. E' la riforma timida e timorosa che è possibile fare oggi nelle note condizioni politiche. Ma almeno servirà a scardinare qualche meccanismo di resistenza conservatrice e qualche feudo baronale. Forse è una riforma omeopatica in un corpaccione che ha bisogno di una cura medica da cavallo, ma almeno non è il solito pannicello caldo.
Noi la pensiamo esattamente come Luigi Einaudi, grande liberale, che nel 1947 scrisse:
"
Finché non sarà tolto qualsiasi valore legale ai certificati rilasciati da ogni ordine di scuole, dalle elementari alle universitarie, noi non avremo mai libertà di insegnamento; avremo insegnanti occupati a ficcare nella testa degli scolari il massimo numero di quelle nozioni sulle quali potrà cadere l’interrogazione al momento degli esami di stato. Nozioni e non idee; appiccicature mnemoniche e non eccitamenti alla curiosità scientifica ed alla formazione morale dell'individuo.
Sono vissuto per quasi mezzo secolo nella scuola; ed ho imparato che quei pezzi di carta che si chiamano diplomi di laurea, certificati di licenza valgono meno della carta su cui sono scritti. Per alcuni - vogliamo giungere al 10 per cento dei portatori di diplomi? – il giovane vale assai di più di quel che sta scritto sui pezzo di carta od, almeno, del pregio che l'opinione pubblica vi attribuisce; ma « legalmente » l'un pezzo di carta è simile ad ogni altro e la loro contemplazione non giova a chi deve fare una scelta tra coloro che offrono se stessi agli impieghi ed alle professioni. (Luigi Einaudi - Sul monopolio culturale della scuola di stato )

La vera riforma per noi è questa: l'abolizione del valore legale del titolo di studio.
La vera riforma che consentirà non solo il viaggio dall'Università al posto in banca solo andata, ma anche il ritorno.

domenica 21 novembre 2010

Una lezione di dignità e di educazione

Questo clima da caccia all'untore, questo clima da regime comunista con tanto di stasi all'interno del PdL e della maggioranza di governo non è più tollerabile !!!
Adesso che il ministro Mara Carfagna ha pubblicamente reso nota la sua volontà di dimettersi dal partito, dal parlamento e dal governo, non si può più rimanere solo silenti  di fronte alla corsa alla dissoluzione che il centrodestra italiano sembra aver irrimediabilmente preso.
Siamo convinti, e lo ribadiamo pubblicamente, che l'iperattivismo e l'iperesposizione mediatica di personaggi come la Santanchè e la Mussolini sia il peggior biglietto da visita del Popolo di Silvio Berlusconi.
Più che portatrici di voti sembrano delle Valchirie che accompagnano i morti nel Valhalla. Costoro non sono le sacerdotesse di Berlusconi, ma le Parche della destra in Italia.
La loro concezione politica rozza, muscolare e manichea rappresentano un ostacolo alla risoluzione dei problemi che attanagliano la maggioranza di governo e soprattutto il Popolo della Libertà, come giustamente commenta il direttore Mario Sechi.
Non crediamo che il ministro Carfagna possa tornare indietro, ma qui vogliamo pubblicamente elogiare la sua educazione, il suo savoir faire, il suo acume politico e, soprattutto, la sua dignità.
La destra cafonal, dai tacchi a spillo e con la bava alla bocca, della Santanchè e della Mussolini non ci appartiene e, per noi, non è neppure destra.
E' come quella stanza che, di solito, è in fondo e poi a destra.
Su questo ci sentiamo di essere completamente d'accordo con questo post di adestra.

martedì 16 novembre 2010

Non credo di essere eretico...

Non credo di essere eretico se dico di non aver paura della nuova destra di Futuro e Libertà.
Ho sempre considerato la concorrenza come una forza innovatrice e apportatrice di miglioramento, figuriamoci se adesso mi trasformo in un protezionista.

Non credo di essere eretico se non considero i tanti amici, anche personali, che hanno scelto Futuro e Libertà, non come camerati che sbagliano , ma ancora come amici.

Non credo di essere eretico se considero il Popolo della Libertà ancora un posto dove militare e dove criticare se necessario.

Non credo di essere eretico se dico che è meglio andare subito al voto sia alla Camera che al Senato.

Non credo di essere eretico se a me non piace affatto la Santanchè.
Ho sempre militato con il centrodestra fin dal 1994, senza mai tradirlo una volta e rinnovando le tessere di Forza Italia, prima, e di Alleanza Nazionale poi. Per questo trovo davvero insopportabile che una come questa signora faccia la guardiana muscolare dell'ortodossia berlusconiana.

Non credo di essere eretico se voglio che Martino e Pera abbiamo, di nuovo, un ruolo importante nel centrodestra italiano.

Non credo di essere eretico se affermo che, se tutti i ministri avessero usato il metodo Brunetta, oggi non si parlerebbe di crisi, ma di rinascita italiana.

Non credo di essere eretico se la Libertà, per me, vale molto più della militanza.

Non credo di essere eretico se dico che, forse, se qualcuno avesse ascoltato più Ferrara e Letta, oggi non subiremmo una scissione dolorosa e litigiosa.

Non credo di essere eretico se, per me, il mio credo religioso sia un fatto privato.
Certamente importante, ma non vedo la necessità di ostentarlo.

Non credo di essere eretico se considero Socrate, Buddha e Gesù dei fari illuminati per tutta l'umanità.

Non credo di essere eretico se a me piace Saviano, ma anche Coelho ed Emerson.

Non credo di essere eretico, se mi piacciono gli USA ed Israele.

Non credo di essere eretico se considero il nazismo-fascismo ed il comunismo, il male assoluto.

Non credo di essere eretico se sono un liberale.

Non credo di essere eretico se continuo a leggere il Secolo, ma non solo.

Non credo di essere eretico...

Ma se lo fossi, non posso cambiare.   

La nostra destra

 
La destra crede in una cosa sopra tutte le altre: la Libertà.

La destra vuole meno tasse. E vuole meno stato.

La destra crede negli italiani, e per questo rispetta la volontà che hanno espresso alle elezioni politiche.

La destra crede che lo stato, come il Governo, siano troppo spesso un  problema. Non la soluzione dei problemi.

Per questo la destra vuole più mercato e sa bene che, anche in italiano, le parole "sono del governo e sono qui per aiutarla" suonano molto male.

La destra ritiene meritevoli di apprezzamento tutti i cittadini che fanno impresa, non solo quelli che danno da lavorare agli immigrati onesti.

La destra è orgogliosa delle proprie missioni in Kosovo, Afghanistan e Iraq perché è convinta di essere stata e di essere, come molte altre volte è accaduto, dalla parte giusta della storia. Non si vergogna di dirlo, e per questo lo ribadisce con forza. E cita tutte queste missioni di pace, non una soltanto.

La destra ricorda Falcone e Borsellino come due eroi e ricorda con altrettanta chiarezza quelli che stavano contro Falcone e Borsellino.

La destra crede che siano per se stesse evidenti queste verità: che tutti gli uomini sono creati eguali; che essi sono dal Creatore dotati di certi inalienabili diritti, che tra questi diritti ci sono la Vita, la Libertà, e il perseguimento della Felicità.
(crossposted @the right nation @freedomland @avevounblogfigo @common sense revenge @la rivolta di Atlante )

domenica 14 novembre 2010

Ironia della sorte

Domani calerà il sipario su questa legislatura.
Vorremo essere ottimisti come il presidente Berlusconi, ma crediamo che il presidente Napolitano non accetterà mai di sciogliere solo la Camera dei deputati, magari appellandosi al precedente dello scorso Governo Prodi.
Vorremmo fare notare, però, l'ironia della sorte: 16 anni fa fu Berlusconi a dare la stura all'attuale centrodestra facendo un pubblico endorsement a favore di Fini contro Rutelli che si davano battaglia per la poltrona di sindaco a Roma.
Domani sarà Fini, insieme a Rutelli (e Casini), a dare il benservito a Berlusconi.
Concediamoci un piccolo sorriso, prima della nuova, ed ennesima, campagna elettorale in questo eterno ritorno di tutte le transizioni (italiane).

martedì 9 novembre 2010

Abbatta quel muro


"Abbatta quel muro, Gorbaciov !"
disse quell'americano.

"Abbatta quel muro, Gorbaciov !"
Noi lo sentivamo dalle finestre che
il regime volle tenere chiuse.

Ma il mio cuore
non poteva essere chiuso
dal cemento,
i miei pensieri
non potevano essere
trattenuti dalle armi.

Quella sera
trattenemmo il respiro,
prima dell'urlo liberatorio.

Finalmente Berlino era di nuovo una.

Le mie lacrime cadevano
come cadevano le pietre del muro.

Avevamo abbattuto quel muro.

Nessuno avrebbe più rinchiuso il mio cuore,
nessuno avrebbe più sequestrato i miei pensieri.

Poi venne la musica,
la musica
di quel signore in nero
seduto su una sedia
in mezzo alla strada
e in mezzo alla gente.

Questa poesia è dedicata a chi è stato testimone della caduta del muro di Berlino.
Con la speranza che anche gli altri muri che imprigionano le persone cadano presto...

domenica 7 novembre 2010

Il debutto dell'oltreberlusconismo

Con il discorso di chiusura di Fini alla convention umbra di Generazione Italia fa il suo spettacolare, pirotecnico e roboante debutto la nuova categoria dell'oltreberlusconismo.
Una nuova categoria politica che dai più verrà considerata come antiberlusconismo di destra, ma che non può solo esaurirsi in una tale manifestazione.
Anzitutto bisogna dire che per delineare completamente la fisionomia e la fenomenologia di questo nuovo pattern sarà necessario attendere un po' di tempo.
L'antiberlusconismo è certamente presente, ma non assume le caratteristiche di odio di una certa "sinistra" alla Di Pietro e/o alla Grillo. Piuttosto è una delusione, di quelle delusione che ti prende quando finisce un grande amore, perchè il popolo di Futuro e Libertà ha amato Silvio Berlusconi, questo è indubbio.
Oggi questa delusione potrebbe essere una arma a doppio taglio per Fini e per i finiani tutti.
Se questa delusione dovesse sfociare in un rifiuto cieco e sordo a qualunque ragionamento politico, Fututo e libertà rischia di essere non un partito nuovo, ma l'ennesimo nuovo partito.
Se la delusione servisse a mettere in campo una azione politica che, oltre a salvare quel che di buono il berlusconismo ha introdotto nel sistema istituzionale, superi quel blocco culturale che il nome di Berlusconi suscita in una parte del Paese, arrivando alla fine della transizione italiana oramai stantia, allora la scommessa di Fini potrebbe essere quella accelerazione che l'Italia va cercando da tanto, troppo tempo.
Da parte mia non sono ancora in grado di poter dare una risposta chiara, quello che davvero è possibile dire è che oggi ha debuttato l'oltreberlusconismo.
Il resto lo scopriremo solo vivendo...