giovedì 16 dicembre 2010

Sconsy (De Gregorio)

Comincio ad aver nostalgia delle Frattocchie e delle Case del Popolo. E non scherzo.
Non parliamo poi della tristezza che mi attanaglia ogni volta che guardo i film di Peppone e Don Camillo.
Vorrei ritornare un liceale solo per scontrarmi ancora con i miei compagni, in tutti i sensi, di classe e di istituto.
Vi prego, qualcuno alzi un pugno chiuso e canti Contessa oppure l'Internazionale.
Non è più possibile, e tollerabile, leggere post come quello che ha scritto il direttore, di qualcosa che somiglia a l'Unità, Concita De Gregorio, dal titolo emblematico: Un paese sconfitto.
A leggerlo tutto, dopo la disperazione, si capisce il perchè "questi non vinceranno mai", come profetizzò Moretti qualche tempo fa.
Da dove vogliamo cominciare ?
Anzitutto mi verrebbe da dire a quale titolo scrive a nome del Paese. E di quale paese poi.
L'Italia è una società complessa ed ancora più complesso è fotografare un paese, come il nostro, sotto il profilo politico. Troppo profonde e troppo articolate sono le linee di frattura sia ideologiche che prepolitiche e metapolitiche.
La politica oggi è trattata oggi come se fosse un "(a)social network" dove esiste un solo tasto "Non mi piace" ed, a seconda se si clicca o meno, si decide, ma spesso gli altri decidono per te, da che parte si sta.
Ma il gradimento al contrario non è mai stata una categoria della politica. Esiste la passione, la militanza, il ragionamento, il consenso, il ragionamento, il dialogo, la dialettica ed anche il confronto.
Mai il "non mi piace"
Anche il binomio classico tra destra e sinistra è oggi quanto mai usurato ed alquanto cangiante, poichè tutto quello che sostiene, dice e fa Berlusconi è destra, il resto è sinistra, accettata acriticamente ed aprioristicamente.
Ovviamente, poi, il paese, che ancora vede un Governo, costituzionalmente legittimo, ancora in carica dopo una democratica votazione parlamentare, non può che avere una connotazione negativa, ed, infatti, è sconfitto.
Perfetta scolaretta della lezione, invero un po' datata, di Eco, il direttore decide, anche legittimamente, di schierarsi dalla parte degli apocalittici (profeti di sventura) contro gli integrati (berlusconiani).
Ma i fuochi (fatui) dell'artificio retorico non si fermano qui, ma continuano innescando subito la saldatura della valenza negativa della sconfitta alle immagini dei leghisti avvolti nel tricolore e della indegna guerriglia urbana, scatenatasi a Roma l'altro ieri.
Anzitutto ci sarebbe solo da essere contenti del fatto che i leghisti si avvolgano nel tricolore, visto che, quando erano "una costola della sinistra", lo volevano buttare nel cesso.
Ma il climax lo si raggiunge subito dopo.
Il governo ottiene la maggioranza alla Camera per tre voti - 311 a 314 - e da qualunque parte la si guardi, la giornata campale di ieri, da qualunque fotogramma si decida di partire è una giornata cupa, grottesca, ridicola, misera, a tratti tragica: in strada tragica. È la giornata della sconfitta: la giornata che segna la sconfitta della politica intesa come confronto di idee e di progetti, l’unico modo lecito di intenderla, la sconfitta di un paese che esibisce al mondo intero come successo la tenuta di un governo che compra col denaro e col ricatto i parlamentari che gli servono e una piazza che dice che la sfiducia è nelle strade, che siamo a un passo dall’irreparabile, che basterebbe niente, ma proprio niente, per trasformare la guerriglia urbana in guerra civile e a poco varrebbe dopo cercare i colpevoli."
Un capolavoro di affabulazione del vuoto ideologico, una pietra miliare della piagnoneria radical chic, un picco della narrazione solpsista e stantia di una certa sinistra nouvelle vague, una pole position di un savonarolismo auto assolutorio ed auto consolatorio di uno schieramento ripiegato su sé stesso e pronto ad implodere.
Il segno linguistico ed ideale di una sinistra inabile ad una qualunque azione politica, nonostante un appannamento del Governo, incapace di intercettare un minimo di nuovo consenso sociale e che non riesce a fare i conti con il suo ingombrante passato che le impedisce di entrare nel futuro e la relega sia ad una battaglia  conservatrice sull'esistente sia al servilismo di effimeri fenomeni, come Fini, accettati ed osannati acriticamente.
Una sinistra spettatrice non protagonista e paranoica che vede complotti ed infiltrati dappertutto, che ha scelto l'indignazione come surrogato dell'azione che di civile aspetta solo la guerra.
Per questa sinistra ci saranno sempre uno Scilipoti ed un Razzi pronti a tagliarle le gambe, perchè sono solo questi i personaggi che riesce a raccattare nelle sue liste elettorali o nominali.
Una sinistra, nostalgica del 68, che, sfasciando il sistema d'istruzione, con una infornata di docenti frutti del sei politico ha permesso la nascita del Cepu, contro cui è inutile scagliarsi contro adesso.
Chi ha più soldi e più potere vince, è questa l’unica regola. Chi ha più soldi, chi può pagare di più e minacciare più forte, chi è più persuasivo. Non è più una questione di idee, la politica non c’entra:...
Parole dure, ma pronunciate da chi è erede di un partito che prendeva soldi dal patto di Varsavia, da chi è stipendiato da Soru, il patron di Tiscali, da chi ha come riferimento De Benedetti ed il figlio di Colaninno come deputato, da chi ha sostenuto chi ha imposto Calearo come capolista, da chi ha sognato la Moratti (Bepi) sindaco di Milano contro Albertini, da chi stava con chi chiedeva al telefono: "Allora, abbiamo una banca ?", per finire da chi ha un tesoriere di partito che, di fronte ad un emendamento che voleva togliere alcuni euro al rimborso elettorale per i partiti per darli ai ricercatori universitari, ha bollato tale proposta come volgare, suonano quantomeno fuori luogo, se non proprio di cattivo gusto.
...non è un Italia in cui continuare a vivere, o per chi lo preferisca tirare a campare, sereni. Non si tira a campare così.
Finisce così l'intervento del direttore De Gregorio.
Così come finiscono di solito gli appelli di Camilleri ed Eco sotto campagna elettorale.
Noi speriamo che questa sinistra, di cui la direttrice Concita, si è fatta cantore, assecondi questa sua volontà.
Sappiamo benissimo che in Italia non sono tutte rose e fiori, ma almeno rimarremo a cercare di migliorare le cose.
Noi questo paese lo amiamo davvero e vogliamo che vinca.
Tutto intero...

1 commento:

leo ha detto...

Vada dove deve andare. Bravo Fabrizio!