mercoledì 13 ottobre 2010

L'uomo nero dell'Italiano

Abbiamo ancora nelle orecchie le parole dell'onorevole Di Pietro nel dibattito sulla fiducia del 29 settembre scorso.
Quel "violentatore della democrazia" urlato con violenza contro il presidente Berlusconi.
Una molotov verbale degna di altri tempi e di altri periodi di cui, sinceramente, non avvertiamo la nostalgia e non auspichiamo il ritorno.
Ovviamente dissentiamo da queste parole e da questi toni, ma non ci indigniamo.
Da buoni conservatori, anche se liberali, però amiamo l'Italia ed il suo essere un paese di santi, navigatori e poeti.
E proprio perchè (anche) poeti ci urtica l'uso sconsiderato e sbarazzino che l'onorevole Di Pietro fa dell'idioma di Dante, Manzoni e Leopardi.
Quell'uso di una sintassi sincopata, quell'accoppiare verbi al plurale e sostantivi al singolare, quell'abuso della metafora in chiave offensiva, ma soprattutto il ricorrere abitualmente al neologismo.
Questo è il dialetto, mascherato da italiano, di Di Pietro, oramai famoso per l'intercalare dubitativamente retorico ( "che c'azzecca ?).
Se l'alternativa proposta da Di Pietro comprende anche questa, mi spiace a me proprio non piace.
Anzi, proprio per difendere l'Italiano, sostengo che Di Pietro è l'uomo nero dell'Italiano.
Non sono il tipo che accusa una persona di essere un violentatore o un utilizzatore finale.

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